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“Ma Dio lo ha risuscitato”

Dopo lo sgomento del Venerdì santo, dopo il silenzio carico di attesa del Sabato santo, risuona l’Annuncio pasquale: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!” (Lc 24,34). I Vangeli non descrivono la Risurrezione di Gesù nel suo attuarsi, poiché si tratta di un evento che sfugge all’umana capacità di conoscenza e di indagine; riferiscono soltanto le testimonianze di coloro che hanno incontrato il Risorto.

Gli evangelisti si affannano a raccontare ciò che resta indicibile, ponendo l’accento sulle lacrime di gioia della Maddalena, sull’incredulità di Tommaso, sull’esultanza dei discepoli di Emmaus. L’Annuncio pasquale passa dalla bocca degli angeli alle labbra delle donne e giunge fino all’orecchio degli Undici. Lo sguardo si fissa sulla tomba vuota, l’attenzione si concentra sulle Scritture, la memoria riporta alla luce eventi e parole, sepolti dal dolore. L’Exsultet si alza come un’esplosione di fede, divampa come un incendio di luce: traduce lo stupore in meraviglia nuova, converte il timore in gioia grande, la rassegnazione in entusiasmo sincero.

Ma Dio l’ha risuscitato dai morti” (At 3,15; 13,30): questa è la formula che sintetizza il kerigma pasquale. La storia si regge sul Ma di Dio, che non ha nulla a che vedere con il ma che risuona nel cuore dell’uomo ed affiora sulle sue labbra. Il ma dell’uomo spesso è seguito dal però, creando un cortocircuito sintattico. Il ma dell’uomo sovente è preceduto da un che ha la stessa accezione del no. Al contrario, il Ma di Dio non ha né premesse né postille: è il Ma della luce che dissipa le tenebre; è il Ma della vita che vince la morte; è il Ma della grazia che sovrabbonda là dove abbonda il peccato (cf. Rm 5,20).

Ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno” (At 10,40). Consegnandosi volontariamente “alla morte e a una morte di croce” (cf. Fil 2,8), Cristo ne ha spezzato i vincoli, ha messo confusione nel regno dei morti, ha imposto alle sue fauci un limite invalicabile. Con il suo Ma Dio ha modificato l’orientamento profondo della storia, “sbilanciandola una volta per tutte dalla parte del bene, infrangendo il potere misterioso del male”. Il Ma di Dio è, per così dire, l’eco dell’Amen dell’Agnello immolato, che ha riaperto all’umanità la strada dell’Esodo pasquale. È proprio di Dio aprire, mentre è tipico dell’uomo chiudere! Non c’è patologia più grave del chiudersi alle necessità dei fratelli, rinchiudendosi in se stessi!

Fissando lo sguardo sul Cuore aperto di Cristo crocifisso, “che con i segni della Passione vive immortale”, leviamo in alto i nostri cuori, spalancandoli, così come il mattino di Pasqua si è aperto il sepolcro del Signore! Effatà, cioè “Apriti!” (cf. Mc 7,34): è la parola chiave della liturgia battesimale, con cui il Signore ripete a noi – oggi! – quello che ebbe a dire in lacrime dinanzi al sepolcro di Lazzaro: “Togliete la pietra!” (Gv 11,39). Effatà: è la parola d’ordine che il Signore attende di sentire sulle nostre labbra per rinnovare nel Mediterraneo il prodigio da Lui compiuto nei tempi antichi (cf. Es 14,21-22), facendo entrare gli Israeliti nel Mar Rosso, sull’asciutto!

+ Gualtiero Sigismondi

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