Quintana nel cuore

Quintana nel cuore

Per Metelli i rioni sono una scuola di vita e li equipara alle università

Quintana nel cuorePotranno togliergli tutto ma non la sua Quintana. Guardate chi siede in prima fila alla presentazione del libro “Foligno 1613. La Quintana e la città”, a cura dell’architetto Luciano Piermarini. È il vecchio giovanotto, il presidente onorario Ariodante Picuti che, in barba ai quasi novanta anni tra due mesi, non si perde un appuntamento. S’alza in piedi stringendo la mano a Metelli e poi rivolgendosi beneficente alla sala rossa di Palazzo Trinci, gremita. Per l’avvocatone è come se fosse la sua festa. Gli si legge in volto una domanda: perché, come presidente onorario, non mi hanno riservato una poltrona più comoda e più in vista? Si vede comunque che Metelli lo venera e lo prende ad esempio per il raggiungimento di quell’ideale di popolarità, quell’indice di gradimento vita natural durante, che manda in umano visibilio i presidenti. Fanno sussultare le parole di Metelli, che equipara i rioni a vere e proprie scuole di vita, ai luoghi di cultura e formazione per antonomasia: le università. Spericolato, ha detto un benpensante. Ingegnoso, invece, considerato il distacco esistente oggi tra gli insegnamenti accademici e i giovani, più propensi a praticare le molteplici opportunità che si propongono loro nei vari ambiti del sociale, settore capace di aprire prospettive lavorative più articolate, rispetto ai rovelli impartiti nelle aule universitarie, buoni solo a strappare lauree troppo spesso riposte subito nel cassetto. Forse era questo il senso dell’intervento di Metelli. O forse era quello di aver pensato all’amicizia, alla solidarietà, al rispetto per gli animali, alla sana competizione, al fare gioco di squadra, al confronto, al mettersi alla prova, anche assumendo cariche dirigenziali e rappresentative. Perché allora non studiare una collaborazione tra Quintana e master universitari, in ambito veterinario, in storia dell’arte del costume, o riguardanti la gastronomia storica o che diano nuovo impulso alla riscoperta dei mestieri scomparsi del nostro artigianato tradizionale? Magari eliminando dal momento della ricreazione – mi farò parecchi nemici questa volta- qualche giro di filomé di troppo. Così, tanto per non far sparlare i detrattori della Festa.

© Gazzetta di Foligno – FRANCESCA FELICETTI

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