ANNA NOBILI 250

La suora cubista: “Se ce l’ho fatta io, ce la possono fare tutti”

La testimonianza di suor Anna Nobili alla Veglia dei Giovani di San Feliciano

Suor Anna Nobili nasce a Milano nel 1970: ama la danza sin da piccola, ma è a 18 anni che scopre il piacere della vita notturna. Alla costante ricerca di attenzioni, finisce con il fare la cubista nei locali. Poi l’incontro con Dio e la conversione: la scoperta di un amore che colma il vuoto più profondo di ogni anima. Suor Anna sarà a Foligno sabato 23 gennaio per la Veglia del Santo Patrono: con alcuni giovani di Holy Dance, accoglierà il Crocifisso di San Damiano e la Madonna di Loreto che, simboli dalla Gmg, prima di arrivare a Cracovia, stanno percorrendo tutte le diocesi d’Italia.

Anna Nobili 3Suor Anna, come si è avvicinata alla danza?
Danzavo già quando ero piccola, mi piaceva la musica e mi piaceva ballare. A 18 anni, però, ho deciso di iscrivermi a un corso di danza e da lì è cominciato tutto.

Come è arrivata a fare la cubista?
Mi piaceva stare in discoteca e mi piaceva la notte. Era un cercare nella notte quello che di giorno non ricevevo: l’amore. Ancora non ne ero consapevole, ma avevo capito che il corpo piaceva e che sapevo danzare. Era un modo per gridare al mondo che io c’ero, che avevo bisogno di essere presa in considerazione e di essere amata.

In famiglia come la giudicavano?
All’epoca vivevo con mia mamma, perché i miei genitori si erano separati quando ero più piccola. Lei lavorava tutti i giorni e non era al corrente della vita che vivevo di notte.

Non le dava fastidio che il suo corpo fosse usato?
In realtà non avevo una buona considerazione di me. Avevo un complesso di inferiorità, pensavo di non valere niente e di non avere neanche una dignità. Credevo che questa fosse l’unica strada per me e che non ce ne fossero altre. Non pensavo di poter scegliere tra il bene e il male: prendevo tutto quello che mi capitava, anche quello che poteva farmi sentire male.

Quando ha capito che le mancava l’Amore?
Quando ho incontrato Gesù, a 22 anni. Ho compreso questo vuoto piano piano, cominciando a scegliere sempre di più una vita autentica e vera. Il cammino dell’uomo è un cammino di conoscenza di sé. Se la conoscenza, che può essere fatta anche da giovani, non avviene alla luce di Dio, non porta alla liberazione, porta a chiudersi in se stessi e a non vedere veramente chi si è.

Anna Nobili 11Come è avvenuta allora la sua conversione?
Mia mamma pregava per me, si era convertita e cercava di coinvolgermi nei suoi incontri mentre io mi truccavo per uscire. Io non ne volevo proprio sapere, ero lontanissima e bestemmiavo. Quando ha visto che non cedevo, ha iniziato a pregare per me. Così una notte, quando avevo 23 anni, alla Vigilia di Natale, ho sentito di dover andare alla Messa. È iniziato tutto da lì: quella sera Dio ha messo un seme dentro di me. Mi avevano impressionato le persone che danzavano, il profumo dell’incenso, la bellezza dei canti, la liturgia tutta molto curata. Ne sono rimasta affascinata. Ho continuato la mia vita, ma sono tornata una seconda domenica. E una domenica dopo l’altra, il Signore ha fatto tutto ciò che doveva per riprendersi ciò che era suo.

Ha mai smesso di danzare in tutti questi anni?
Solo un paio di anni prima di prendere i voti, pensando che la danza fosse contro Dio. Credevo si legasse solo alla sensualità e all’erotismo, perché così la vivevo. Quando sono entrata dalle Suore Operaie, però, subito mi hanno detto che questo era un dono e dovevo metterlo a disposizione dell’istituto e della Chiesa.

È da qui che è partito il progetto Holy Dance?
Sì, ed è cresciuto con il tempo. Abbiamo aperto una scuola di danza, la Holy Dance, in cui novanta allievi imparano a pregare e a dare lode a Dio danzando.

Oggi come vede il suo passato?
È una perla per me: non intendo che lo rifarei, ma dovevo passare di là per essere qua adesso. Ringrazio il Signore per quello che è riuscito a fare nella mia vita nonostante me, nonostante quei vuoti profondi che nemmeno lo psicologo o la medicina possono toccare o guarire. Noi siamo figli di noi stessi, non dobbiamo usare gli altri come un bastone. L’altro è qualcuno con cui condividere la nostra preziosità per vivere le relazioni in modo libero e liberante. L’altro non può colmare un vuoto che è sacro, che appartiene solo a Dio: non c’è amico, non c’è fidanzato che possa raggiungere quella parte di noi. È terra sacra, di Dio e quando il Signore prende questa parte, allora, non manca più niente.

Sabato incontrerà centinaia di giovani alla Veglia di San Feliciano: che messaggio vuole dare loro?
Se ce l’ho fatta io, ce la possono fare tutti. La vita è meravigliosa e vale la pena di rischiare tutto, quel tutto che per noi cristiani è ciò che ci impedisce la felicità. Ed è un rischio, perché è un salto nel vuoto, ma diventa possibile se ci fidiamo di Dio che ci accompagna. Noi non siamo soli: siamo legati da una catena, l’Amore. La vita è bella e vale la pena provare a viverla a pieno, non a metà!

ANNAMARIA BARTOLINI

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