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Place de l’Éducation

Penso che discutere sulla renaissance della vita gastronomica e notturna della città sia abbastanza inutile. Chi abita in centro non avrà grande considerazione per le propaggini del divertissement trimalcionesco; chi invece viene in centro alla ricerca di mondanità ed elogi del manicaretto troverà pane (e vino) per la sua fame di étourderie. Personalmente la mia magione ha luogo all’attico di un palais in via dei Molini, quasi un grenier che, tra l’altro, farebbe ottimo pendant con evidenti rigurgiti bohemien: senonché i bons viveurs che approdano da queste parti hanno una visione artistica un po’ diversa dalla mia, ben arroccato su posizioni vetero classiciste e poco incline – sarà l’età – ad apprezzare i resti dei tracanni in fila sui muretti o, meno che mai, le liquide espressioni di vesciche sull’orlo di una crisi di nervi. Ma tant’è: certe vampate si spiegano soltanto considerando che, provenendo da rue Gramscì e place de la Republique, i proseliti del signor Mutt hanno già defunzionalizzato tutto. L’apparecchiatura igienica con elemento longitudinale concavo e acqua corrente, (l’urinoir: ma non lo scrivo perché l’estetica è l’estetica, per Giove!), è una fontana già dai primi del Novecento: voi, onestamente, espletereste atti fisiologici – volontari, si spera – in una fontana? E allora! Che poi, tra l’altro, certi avanguardismi contribuiscono anche all’ospitalità dei nostri vicoli, che proprio nelle colonne della Gazzetta ho scoperto essere accoglienti: e questo certamente è pregio indiretto non solo della vie nocturne della città (non riesco proprio a farmi piacere certe forme sostantivate di provenienza ispanica), ma anche dei gozzuti columbidi che pattugliano le strisce di cielo, fra le cimase. Questi albatri stupiscono di fronte al brulichio di tanta vivacité, loro: veri custodi del tempo civico. Perché al di là del lamento per l’urlo notturno del fidanzato alticcio, la risata un po’ grossier dell’amata e il volitar di giovanili istinti, al di là degli effluvi di rustelle e spiedini che al corruscar del vespro danzano marcette caprine e valzer pecorini, chi vorrebbe tornare al niente di anni fa? Ex nihilo nihil fit, tuoneranno i censori. E va bè, ma un punto d’intesa dovremo pure trovarlo, no? Incontriamoci a place de l’éducation, un luogo poco frequentato di recente, ma che invece è ricco di possibilità: un luogo, per nulla virtuale, dove digerire pletoriche abbuffate e spuntare malumori così incisivi su vibratissime tensioni nervose. A chi non piace che la propria città sia vivace? La vivacità, sosteneva Leopardi (che non aveva un gran feeling con le città mortorio) è madre della grazia. A chi dispiace che la propria città sia attrattiva e sveglia? Magari a chi, nottetempo, desidera dormire. E il mio diritto al divertissement? Finisce proprio lì, vedi? Proprio dove comincia il diritto di chi ha diritto a voler fare altro. Troppi diritti: chi farà in modo che si integrino? L’educazione. Perché un buon passito da meditazione o un principesco refosco dal peduncolo rosso, una cerveza o simili vanti da luppoli e francecorti, si sbracano solo in ambienti da fine impero, si sguaiano solo dove una recherche è al massimo per il Pokemòn, con buona pace di ogni tempo perduto. Cose già dette, trite e ritrite. Ma repetita iuvant. O no?

GUGLIELMO TINI

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