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“Fils? Un sistema clientelare di convenienti connivenze”. 5,6 milioni di euro di debito: quanto ricadrà sui cittadini?

Stefania Filipponi picchia duro, la gestione fallimentare della Fils (Foligno Impresa Lavoro Sviluppo) “è il frutto e l’emblema del sistema che da anni governa la città”

Sulla Fils srl in liquidazione si potrebbe scrivere un trattato. La disamina dovrebbe riguardare l’aspetto giuridico, economico-finanziario e patrimoniale oltre che, ovviamente, politico, perché si tratta di una società con capitale interamente pubblico, soggetta al controllo, cd analogo, da parte dell’amministrazione, ovvero come se fosse un ufficio comunale. Il management, le assunzioni, tutto è stato deciso dalla politica. Si può sostenere, senza tema di smentita, che tale società è il “frutto e l’emblema” del sistema che da anni governa la città. Un sistema clientelare fatto di convenienti connivenze, di favori e scambi, che il Presidente del Consiglio comunale Sergio Gentili, nel 2010, sulla Gazzetta, a proposito di Fils, ha stigmatizzato: “Altra questione è quella del privilegio. Perché, non possiamo negarlo, esiste una opacità del potere, ovverosia la possibilità di ottenere, in conseguenza delle conoscenze o del ruolo ricoperto, quanto ad altri non è consentito. E questo ha dei riflessi anche sui meccanismi di raccolta e di gestione del consenso”. Traduzione: voto di scambio? La Fils, ambiziosamente definita “incubatore di impresa”, è stata solo utilizzata per la stabilizzazione di precari, con assunzioni a chiamata diretta e senza le formalità previste per gli enti pubblici. L’“inquietante” metodo di gestione “le utilizzazioni politiche” e i “molteplici favori” sono stati efficacemente descritti dagli operai, che non intendono diventare il parafulmine di altrui responsabilità.
Ed ora? La liquidazione è stata deliberata lo scorso giugno e l’Assemblea dei soci ha autorizzato i liquidatori (già amministratori) a continuare l’attività, derogando temporaneamente ai principi contabili in materia di liquidazione. Il “tiriamo a campare” di andreottiana memoria. Il piano industriale, redatto per la “rimessa in bonis”, propone:
1) alienazione (a chi?) dell’immobile di Via IV Novembre, locato a VUS;
2) pagamento di parte dei debiti verso erario, Equitalia, banche, con il ricavato della vendita di € 1.276.660 -se si realizza l’importo-;
3) nomina di un Direttore Generale per € 80.000,00/anno;
4) diminuzione del costo del personale con trasferimento di 2 amministrativi ad altro Ente (quale?) e modifica in peius del contratto di lavoro;
5) intervento di ricapitalizzazione da parte del Comune per non meno di € 1.200.000 (di cui oltre 800 mila per coprire le perdite).Ma l’attuale stato di decozione dell’azienda dipende da precise responsabilità politico-amministrative. Innanzi tutto il Sindaco, presente, in vari ruoli, nel governo cittadino sin dalla costituzione societaria e i tre Presidenti (Mattioli, Raio, Matarazzi); poi tutti i membri delle Giunte, in particolare gli assessori con delega (da ultimi Sigismondi e Angeli), oltre ai Consiglieri comunali PD che, tetragoni, dal 2009 hanno ripetutamente rifiutato di discutere di Fils, come richiesto dall’opposizione. Se chiudo gli occhi e penso alla Fils non so cosa fare” così parlò Mismetti durante una seduta del Consiglio nel 2014. Sicuramente ora gli occhi sono aperti, ma il risultato non sembra diverso. Che fare? Ricapitalizzare o chiudere l’azienda; tertium non datur. Per la ricapitalizzazione andrebbe indetto un “referendum”: decidano i folignati se “investire” in Fils qualche altro milione di euro. Va, invece, immediatamente chiarito quanto, degli oltre 5,6 milioni di debito, ricadrà sui cittadini.

STEFANIA FILIPPONI

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