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Umbria, dal rapporto economico una situazione preoccupante

Dal rapporto economico-sociale 2016-2017 Umbria tra Toscana e Marche, effettuato dalla Agenzia Umbria Ricerche, emerge in primis un apparato produttivo umbro ove la manifattura resta un pilastro per la creazione di valore aggiunto, anche per il suo potere propulsivo sui servizi, generando un rapporto virtuoso che si autoalimenta; da essa origina inoltre gran parte degli sforzi innovativi del sistema produttivo e la quasi totalità dei beni esportabili. Auspicabile è l’avvio di un processo di recupero-conversione-potenziamento: nelle modalità produttive (che incorporino sempre più intelligenza), nei sistemi organizzativi (attenti alla qualità delle risorse umane), nel capitale (intangibile) investito. Ad oggi però il sistema produttivo umbro, concentrato a metà della filiera – e dunque a limitato fabbisogno di quei servizi evoluti necessari soprattutto a monte e a valle – e il basso tasso di industrializzazione hanno avuto pesanti conseguenze sullo sviluppo del settore terziario avanzato, che non ha trovato ragioni di stimolo. Con un reddito regionale trainato dalla spesa pubblica, l’Umbria continua ad essere caratterizzata da un sistema di autoreferenzialità, trainato da domanda interna, che ha inciso non poco sulle ripercussioni della crisi degli ultimi anni, colpito da cali di una domanda scarsamente alimentata dall’export. L’andamento dell’export umbro, infatti, si evidenzia indipendente da quello del PIL, a riprova del fatto che la presenza di questa regione sui mercati esteri è opera più degli orientamenti di singole imprese che effetto di un approccio di sistema. A frenare questo approccio contribuisce anche lo spiccato policentrismo, ad urbanizzazione diffusa, a conferma della debole connotazione distrettuale dell’economia regionale, fatta più di disorganiche aree di specializzazione che di sistemi complessi di filiere integrate, che sembra suggerire un’incerta reazione alle difficoltà delle specializzazioni tradizionali. La contrazione della spesa per investimenti è stata aggravata dal deterioramento della loro qualità, con conseguenti ricadute sul livello di efficienza del capitale che, in aggiunta alla insufficiente capacità di riallocazione delle risorse alle imprese e ai settori più produttivi, ha inciso sulla crescita della produttività e, con essa, del prodotto per abitante, nonostante la relativamente discreta tenuta dell’occupazione. Altre considerazioni dovrebbero farsi sui modelli di organizzazione delle attività agricole, sulle prospettive aggiunte dalle opportunità di integrazione offerte da altri settori (in primis il turismo) o sugli atteggiamenti nei confronti degli ambiti di incubazione dello spirito imprenditoriale e delle capacità competitive e insieme cooperative degli abitanti. In ogni caso, i livelli di benessere che permangono in Umbria sono il risultato di un equilibrio tra variabili economiche e sociali e tra dotazioni ereditate dal passato.  Ad oggi sono gli interventi avviati dalla regione Umbria in linea con i programmi di sviluppo europei, dall’Agenda Digitale Umbra al Protocollo di Intesa per la gestione dei Fondi Europei e la partecipazione a progetti comunitari condivisa tra le regioni di Toscana, Umbria e Marche, sottoscritto a Bruxelles nel giugno 2016 dai Presidenti delle tre regioni, a far ben sperare. Lo scopo del Protocollo è formulare una linea comune nell’opera di implementazione dell’assetto strategico, territoriale, infrastrutturale, economico e sociale delle tre regioni. Oltre al Programma di Sviluppo Rurale, fondato sul connubio tra pratiche agricole, ambiente, cultura e inclusione sociale, direttive comuni sono state predisposte delle tre regioni sull’indirizzazione dei Fondi Sociali Europei, ove si è posta l’attenzione, da un lato, alle iniziative di supporto alla fattibilità di idee imprenditoriali o attività autonome e, dall’altro, sull’attivazione di misure di politica attiva, quali l’accompagnamento all’inserimento lavorativo, attraverso forme di incentivazione mirata delle imprese alla creazione di rapporti di lavoro stabili. Si confida che sia tale cooperazione fra le regioni in diversi ambiti a dare una risposta coordinata ai problemi che potranno essere gestiti in modo strategico partendo dalle opportunità disponibili. (Questo è un estratto dell’articolo che potrete leggere nella versione completa al link http://upslfoligno.blogspot.it/)

ELISA MANENTI

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