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A PROPOSITO DI IMMIGRATI

I recenti attentati terroristici stanno alimentando un pesante clima emotivo contro tutti gli immigrati. Eppure è proprio in questi momenti che diventa quanto mai necessario il ricorso all’uso della ragione. Il che significa non nascondersi niente, tanto in senso critico quanto in senso aperturista. Vediamo dunque i dati considerati critici: complessivamente gli immigrati in Italia sono poco più di 5 milioni, pari all’8,3% della popolazione, ma nel 2016 sono sbarcati sulle nostre coste 180 mila migranti dalla Libia e dal 1° gennaio al 31 luglio 2017 ne sono arrivati 95 mila (con un calo di 11 mila unità rispetto all’anno precedente), mettendo in crisi le strutture di accoglienza e di controllo. I costi della gestione ordinaria della stessa accoglienza si attestano tra i 30-35 euro per gli adulti e i 45 euro per i minori accolti dai comuni. Ma questi soldi non finiscono in tasca ai migranti, vengono invece dati agli enti gestori dei centri e servono a coprire le spese di gestione e a pagare lo stipendio degli operatori. Solo 2,5 euro vengono dati ai rifugiati per le piccole spese giornaliere. Gli italiani accusano spesso un notevole fastidio per la crescita esponenziale delle forme di accattonaggio di cui sono protagonisti gli stessi migranti, specie africani. Tende anche a circolare la voce, alimentata da pochissimi casi isolati, che tra coloro che sbarcano possano celarsi terroristi dell’Isis.
Accanto a questi dati, ce ne sono altri di segno decisamente opposto. I primi riguardano la situazione demografica degli italiani. L’Italia sta diventando un paese di vecchi. L’Istat ci ricorda che ci sono 161,4 anziani ogni 100 giovani, come pure 55,5 individui a carico per ogni 100 che lavorano. Se nel 2015 i nati erano stati 486 mila (per la prima volta dall’unità d’Italia meno di mezzo milione) nel 2016 sono stati 474 mila. Se prosegue questo trend, la popolazione odierna di 60.665.551 unità è destinata a calare, secondo lo scenario mediano, a 58,6 milioni nel 2045 e a 53,7 milioni nel 2065. In questo quadro solo gli immigrati danno speranze di riequilibrio. Innanzitutto perché sono in prevalenza giovani (solo un 3% di essi è costituito da anziani), producono un Pil pari a 127 miliardi di euro (8,8% del Pil nazionale) e versano annualmente 7 miliardi di Irpef e 11 miliardi di contributi previdenziali. Di fatto sono loro a pagare 640 mila pensioni.
Eppure, sul piano emotivo (la paura enfatizzata dai media e dai partiti xenofobi), gli italiani si preoccupano più degli aspetti critici che di quelli positivi. E questa errata valutazione sta contagiando tutti, a partire dal mondo politico. Non è un caso che il ministro Minniti venga considerato l’eroe di questa stagione, una specie di Zorro che però sta dando luogo ad un pericoloso equivoco. Minniti, che si occupa essenzialmente di sicurezza, non è altro che un ministro degli interni come altri del passato, senza grandi distinzioni tra destra e sinistra (tranne forse l’imbelle Alfano). L’equivoco sta nel fatto che il suo ruolo fa perdere di vista la necessità di politiche costruttive in tutti gli altri ambiti. Ovvero la predisposizione governativa di un Master Plan che dovrebbe mettere a sistema le risorse italiane non utilizzate (i milioni di ettari di terre incolte, gli scenari paesaggistici deteriorati, gli anziani che però necessitano di sostegno) per inserire organicamente gli immigrati in attività produttive (agricoltura, allevamento, bonifiche, accompagnamento) e non lasciarli a fare (diseducativamente e fastidiosamente) gli accattoni nei parcheggi dei supermercati. In più – su un altro fronte – andrebbe subito sbloccata la legge sullo jus soli. Come altrimenti dovremmo chiamare quei giovani nati in prevalenza in Italia, studenti delle nostre scuole, che parlano i dialetti italiani e si sentono estranei nei Paesi d’origine dei genitori, se non cittadini italiani? Con tutti i doveri, i diritti, le responsabilità e l’orgoglio della loro nuova appartenenza. Non è con la paura che si risolvono i problemi, ma con la testa e il cuore.

ROBERTO SEGATORI

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