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Dal Foligno Calcio alla Champions League. ‘Chico’ Cherubini si racconta

L’inizio della conferenza, a leggere la locandina appesa fuori da Palazzo Trinci, era previsto per le 15. Ma, come era prevedibile, nessuno dei protagonisti del pomeriggio dedicato interamente al calcio era presente a quell’ora nella sala conferenze del palazzo signorile, nemmeno il dirigente di una delle società calcistiche più importanti al mondo. Passano diversi minuti ed eccolo che arriva circondato dagli amici di sempre, lui che ha fatto fortuna fuori da Foligno, precisamente a Torino, ma che mai ha smesso di sentirsi folignate. Si mette in prima fila, partecipa alle oltre due ore di conferenza-convegno-chiacchierata di calcio in compagnia dei tantissimi altri ospiti illustri come lui e interviene soltanto in due occasioni: quando viene chiamato in causa per raccontare la sua vita lavorativa alla Juventus, dove occupa dal 2012 il triplo posto di vice Direttore Sportivo, Responsabile della Primavera e dei giovani calciatori in prestito in giro per l’Italia, e quando riceve il premio allo sport ‘Rosa dell’Umbria’, il primo ‘trofeo individuale’ donatogli in carriera dalla sua città natale. Federico Cherubini se la ride con gusto all’imitazione che Ubaldo Pantani fa del ‘suo’ allenatore Max Allegri e, dopo i saluti di rito con gli altri protagonisti del bellissimo pomeriggio di calcio a palazzo, si prepara all’intervista.
Buonasera Federico. Lei è nato e cresciuto a Foligno. Che tipo era da bambino? Che rapporto aveva con la città e lo sport?
Ho iniziato coi Pulcini del Foligno a 6 anni, nel 1977. Sono nato nella zona di Viale Firenze e mi allenavo nel vecchio stadio, dove ora c’è la Quintana. Di conseguenza ho conosciuto subito la città, perché all’epoca si andava agli allenamenti da soli. Era un modo per scoprire la città e il fascino del vecchio stadio.
Dopo la laurea ha iniziato a lavorare nel mercato del credito di consumo. Come è passato al calcio?
Io in realtà ho sempre giocato a calcio. Salvo una piccola parentesi di professionismo, ho fatto sempre i dilettanti. Giocavo e lavoravo. Lavorando ho iniziato quell’attività nell’ambito dei mercati finanziari. Poi quando abbiamo vinto il campionato col Foligno e siamo andati in Serie C l’allora presidente Zampetti mi disse di abbandonare il lavoro, smettere di giocare e di diventare direttore del Foligno. Da lì ho iniziato il percorso da dirigente.
Come è stato passare da una realtà piccola come quella di Foligno alla Juventus?
Dal punto di vista ambientale è andata bene. Torino è una città in cui si vive benissimo. La mia preoccupazione era passare da un ambiente così familiare come quello del Foligno Calcio a una realtà così importante. Devo dire che nella grandezza della Juventus ho ritrovato dei valori che mi hanno permesso di iniziare a lavorare in questa realtà e di essere accolto in maniera eccezionale e con grande rispetto da tutte le persone del club. Piano piano, dopo 6 anni, mi sento a casa.
Quanto le è servita l’esperienza da calciatore e dirigente del Foligno?
Fare da dirigente nelle categorie inferiori è una grande palestra. Chi oggi come me ha la fortuna di lavorare in un club molto organizzato magari non sa cosa succede nelle categorie inferiori. Un dirigente deve saper fare tutto. Io sono orgoglioso degli anni da direttore generale del Foligno. Io e tanti altri della società ci trovavamo la domenica e sistemavamo il campo materialmente per la partita. Fatto quello tornavamo a casa, ci facevamo la doccia, mettevamo la cravatta e tornavamo allo stadio facendo il lavoro da direttori…Le nostre mattine le passavamo a sistemare il campo. Questo era lo spirito più grande che ci ha contraddistinto in quegli anni. Era un modo per stare insieme e sentirsi coinvolti.
Sta seguendo il Foligno Calcio?
Sì, anche se non ho ancora avuto la possibilità di vedere una partita dal vivo.
È più probabile che il Foligno Calcio arrivi in Serie A o che la Juventus vinca la Champions?
Questa è una domanda cattiva (risata). Io mi auguro che succedano tutte e due le cose. Quando ho iniziato il percorso da dirigente con Zampetti il mio sogno era quello di portare il Foligno in Serie B. Partimmo da giocatori che erano in Eccellenza e pensavamo fosse il massimo per noi. Ci siamo fermati a un passo, a Cittadella, nello spareggio. Spero che qualcun altro ci riuscirà.
Che consiglio dà ai giovani di Foligno, calciatori e non, che cercano fortuna fuori dalla nostra città?
La fortuna la possono trovare ovunque. Io dico che devono avere passione in ogni cosa che fanno. Dallo sport al mondo del lavoro, credo che oggi ci voglia grande passione per quello che si fa. A me capita di incontrare in giro tanti folignati in tante città diverse. Credo che noi a Foligno abbiamo qualcosa di particolare come città e dobbiamo essere più bravi a valorizzarlo invece di piangerci addosso. Dobbiamo tornare a far splendere la città come in passato.

GABRIELE GRIMALDI

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