ok - Il fiume dei miracoli

Il fiume dei miracoli

Il Topino a Sportella Marini. Prima decade di marzo 2018. Nelle tarde ore del pomeriggio fa piacere camminare con un amico per parlare del futuro. Soprattutto il suo, di futuro. Marco (il nome è di fantasia) ha 38 anni. Negli ultimi mesi del 2017 ha perso un ottimo impiego. È laureato con il massimo dei voti ed è padre di due bimbi, un maschio di 8 anni e un femmina di 6. Camminiamo piano lungo la riva, evitando le pozzanghere formatesi dopo la pioggia dei giorni passati. In acqua si vedono scivolare, come veloci piroghe, un buon numero di germani reali. Nei pressi di una derivazione idrica si alzano in volo tre beccaccini, forse impauriti da un cane che sta gironzolando nei paraggi. Questa zona periferica di Foligno è molto bella. Sembra un prezioso scrigno di biodiversità. Il fiume che scorre mette voglia di parlare. Marco è timido e introverso. Spetta a me fargli domande.

“Hai provato a cercare un altro lavoro?”.

“Certo, ma è un periodo difficile. Ho inviato molte richieste in tutta Italia. Sto ancora aspettando risposte”.

Per rincuorarlo gli dico: “Ci sono aziende dove la tua formazione universitaria è molto richiesta”.

“Sì, ma nel curriculum non ho voluto esagerare. Lo sai come sono fatto”.

Mentre ci dirigiamo verso est scorgo in lontananza il Sasso di Pale e la gola che accoglie i boschi di leccio e quercia. Un tonico venticello di tramontana scende a valle portando con sé fogli di carta e variopinte buste di plastica, segno evidente della maleducazione imperante di oggi. Giunti all’altezza di una cascata ci accorgiamo di un gruppo di ragazzi seduti in cerchio. Uno di loro ci saluta con la mano sinistra alzando il pollice. Noi facciamo la stessa cosa, in segno di amichevole condivisione. Pochi attimi dopo torno sull’argomento iniziale.

“Capisco il tuo stato d’animo, ma devi farti forza. Se non erro hai già 12 anni di contributi accantonati”.

“È vero, però a cosa servono se non continuo a versare?”.

“Servono come biglietto da visita. Vedrai che tutto si sistemerà per il meglio, prima o poi”.

Gli dico una mezza verità mentre osservo quei giovanotti in riva al fiume, a cui è stato definitivamente rubato il futuro: una generazione perduta, un dramma collettivo. Al mio amico squilla il cellulare. Lo vedo arrossire. Sembra improvvisamente felice.

“Mi hanno offerto un lavoro molto lontano da casa. Se accetto devo partire tra una settimana. Prendere o lasciare”.

“E tu che fai?”.

“Accetto, naturalmente. Gran bella notizia. Bisogna festeggiare”.

Sulla via del ritorno non facciamo più caso al fango che ci imbratta le scarpe. Colto da un principio di stordimento penso subito ad un miracolo di una sconosciuta divinità dell’acqua che deve regnare sul Topino. Il lavoro per tutti risolverebbe ogni conflitto sociale. Questa è la verità. Tanti auguri, Marco.

LUCIO TIBERI

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