ok - Articolo Intervista Don Giovanni Zampa1

“Formarsi è il segreto per vivere con pienezza le sfide della vita”. Don Giovanni Zampa ha conseguito il dottorato in teologia biblica presso la Pontificia Università San Tommaso D’Aquino a Roma

 

Mi trovo nella Chiesa di San Paolo, il “Cubo”, con Don Giovanni Zampa, parroco in solido con Don Antonio Ronchetti dell’Unità Pastorale Giovanni Paolo II di Foligno, che l’8 maggio scorso ha ottenuto il dottorato in teologia biblica presso la Pontificia Università San Tommaso D’Aquino a Roma, per vedere la mega installazione che riproduce l’Apocalisse disposta alla sinistra dell’altare e in piena armonia con l’architettura della chiesa di Fuksas. La tesi di dottorato si intitola “Il Libro dell’Apocalisse nei testi della liturgia eucaristica della Chiesa Italiana contemporanea”.

Don Giovanni improvvisa una catechesi per me e i presenti in chiesa accorsi a vedere l’opera realizzata dai suoi parrocchiani insieme ai suoi amici di Bormio. Il libro dell’Apocalisse è una vera liturgia in atto che rivela il segno e il significato della vita della Chiesa e delle proprie prove personali alla luce della Pasqua di Gesù. I simboli e le sculture riprodotte in questa installazione offrono un itinerario dell’intera Apocalisse per culminare nel cubo della Gerusalemme celeste, la Chiesa, “dimora di Dio con gli uomini”. Questa non prefigura solo il nostro futuro paradisiaco, ma soprattutto illumina il nostro presente: la Chiesa è il luogo dove già oggi si incontra e si vive la comunione con Dio e con i fratelli.

I tuoi parrocchiani per un anno ogni giovedì clandestinamente si sono incontrati in una casa a pochi passi dalla chiesa per costruire tutto questo. Cosa li ha spinti e quanto ti hanno reso felice?

La domanda andrebbe rivolta a loro. Immagino che il principale motivo sia stato l’affetto. Poi sono sicuro che anche loro sono stati coinvolti e travolti dal fascino e dalla sfida che l’Apocalisse suscita in chiunque ci si accosta e ci si immerge. E la cosa che mi fa più piacere è che per rappresentarla i miei parrocchiani hanno dovuto leggere il libro dell’Apocalisse, studiarlo e meditarlo. La gioia più grande è sapere che in tutto questo tempo tutti eravamo impegnati e piegati sullo stesso testo, nonché vedere nel “Cubo” bambini e adulti “giocare a interpretare” i simboli dell’ultimo libro della Bibbia.

Come è nato il desiderio di conseguire il dottorato e cosa rappresenta per te questo traguardo?

Anche questa domanda dovresti porgerla a diverse persone che mi sono vicine. Prima tra tutte al Vescovo Gualtiero che alcuni anni fa mi ha chiesto di riprendere gli studi e conseguire il dottorato. Poi è innegabile la spinta sommersa dei miei familiari e dei tanti amici e parrocchiani che mi invitavano, mi sollecitavano e mi spronavano a coltivare la passione per la Bibbia. Più che una soddisfazione e un traguardo, questo dottorato rappresenta un dono per le mie fragilità e una conferma per la mia fede. Essendo un elaborato che dovrebbe contribuire al progresso effettivo della ricerca delle scienze sacre, spesso mi sono chiesto a cosa servissero 400 pagine di analisi puramente tecniche e scientifiche. Vedendo quanti in questi mesi si sono avvicinati all’Apocalisse, tra cui due monasteri di clausura, oggi posso dire che è veramente “Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e mettono in pratica le cose che vi sono scritte” (Ap 1,3).

Ti vediamo sempre molto impegnato nell’apostolato, nella catechesi, con i malati: come hai fatto a conciliare le attività parrocchiali e diocesane con gli impegni Universitari?

In treno e al mattino presto si possono fare tante cose! A parte gli scherzi, sinceramente non lo so! Di certo l’Unità Pastorale Giovanni Paolo II e la Diocesi hanno avuto tanta pazienza con me. Potevo sicuramente concludere prima, ma non ho mai vissuto questa tesi come un fatto puramente accademico e di erudizione personale. Ho condiviso la tesi in tante catechesi, esercizi, omelie. Questo dava senso ai miei studi. Posso attestare che molti concetti dell’Apocalisse me li ha resi accessibili più il sensus fidelium (la prassi pastorale) che il sensus fidei (i commentari).

Quanto è stato importante per te il sostegno di Don Antonio?

Fondamentale. Senza di lui non hai avrei scritto una riga. Lui più di tutti ha portato il peso e la fatica del mio pendolarismo romano! Non posso non ricordare anche Don Alessandro, che ora la Gerusalemme celeste la abita! Tutti i giorni mi chiedeva e, curioso, si informava dei miei progressi. Nei suoi confronti ho un debito, un rammarico e un rimorso per non avergli fatto sfogliare il “mattone”! Mi diceva sempre: “Ci sarà l’Apocalisse finale, e tu devi ancora finire l’Apocalisse!”.

Ora che sei dottore come pensi di spendere questo titolo nella diocesi di Foligno?

Spero di continuare a condividere i risultati e il metodo di questa esperienza con chi il Signore mi ha messo e mi metterà vicino. Altri tipi di utilizzo non spetta a me deciderli.

Penso ai giovani del nostro territorio che tu conosci molto bene, cosa vorresti dire loro? Quanto la formazione continua e per tutta la vita è importante? Quanto lo è e lo è stato per te?

La sera degli inattesi festeggiamenti ho detto ai ragazzi che vale la pena studiare, anche quando sembra che non serva a nulla! I frutti della fatica della formazione, come potevano constatare con i propri occhi in quel momento, arrivano sempre e nel modo più sorprendente e inaspettato. Indubbiamente formarsi è il segreto per vivere con pienezza le sfide della vita. È una grande occasione per sapersi ripensare, correggere ed esprimere in maniera sempre nuova i propri talenti. La formazione è il più grande investimento che un uomo possa fare durante la propria vita culturale, professionale, umana e spirituale. Sarei un disilluso se non ammettessi che lo studio è una delle ascesi più aspre e dure della crescita di un giovane, ma allo stesso tempo una delle opportunità più entusiasmanti. Non nascondo che tornerei volentieri a lezione… ma credo che stavolta l’aula sarà la vita!

PAOLA POMPEI

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