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Il caviale del Topino

Quegli anni turbolenti, eccitanti, quella speranza di futuro, quei gelati infervorati da Cirillo; quelle assemblee di classe, quei tornei dei “figli di papà” al circolo tennis e quelle partite di biliardino dei figli del popolo al circolo Subasio. E Lamberto, di notte, che chiudeva la pagina prima di farsi una birra da Brodoloni, ma solo dopo aver serrato la porta di Paese Sera (più volte forzata) la cui redazione s’affacciava sul Trivio. È proprio al Trivio che fu portato l’assedio al circolo Brasillach, dalle cui finestre volavano sulla folla seggiole, mobili e attaccapanni. Poi le irruzioni della Polizia, l’idea giusta o sbagliata di partecipare – da una parte e dall’altra – ad una lotta di ideali, persa a destra e a manca, ma specialmente a manca. Perché a disertare fu proprio la sinistra al caviale, del Topino. Quella gaiezza del ridere tra eventi drammatici e parole violente ormai archiviate come reperti archeologici del linguaggio; quei farabutti di allora, che oggi ci appaiono angioletti dai nobili propositi, se paragonati ai seguaci del Grande Fratello e dell’Isola dei Famosi. Quegli anni di Padre Supino in bicicletta che raccattava elemosine per i poveri e Don Giuseppe Cavaterra che spiegava il Vangelo baccagliando la Serpa, “caldi”, “cisti”, “sambi”: due giganti che s’erano presa la briga di soccorrere i buoni e scandalizzare i cattivi, nella convinzione di poter cambiare la vita del prossimo, rimuovere l’ingiustizia, avvicinare la felicità. Quegli anni turbolenti che hanno lasciato insegnamenti di cui i nostri figli non percepiscono il messaggio e oggi non sappiamo neppure raccontare. Poi su tutti, ma non per tutti, in prima linea Renato Campana ad indicarci un mondo migliore che non solo non arriva mai, ma non si sa neppure più come dovrebbe essere.

GIOVANNI PICUTI

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  1. don Sergio Andreoli
    18 Maggio 2019

    Onore a don Giuseppe!

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