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La Scuola delle Frattocchie

A differenza di quanto accade di notte in via Gramsci, gli analisti politici del bar Centrale preferiscono gli aperitivi agli shottini alla pera. Ma sono proprio i Campari presi a stomaco vuoto che confondono le idee. Mentre il Palazzo Comunale proietta la sua ombra sinistra – si fa per dire – sui tavoli disposti all’aperto, quei pensatori passati con disinvoltura da una bandiera all’altra partoriscono le loro incrollabili verità: “Gli elettori abboccano ai contenuti dei social” – “Le dittature classiche, quelle di Mussolini e Hitler, sono superate dalle nuove tecniche dell’uso del potere” – “La politica non rispecchia più la volontà della gente” – “Le masse agiscono attraverso i social in modo autoritario” – “È la finzione democratica che mi preoccupa di più”. Passa in bicicletta una donna che si rivolge al marito: “Muoviti ozioso che vado a casa a buttare la pasta”. Lui scola in fretta l’aperitivo e saluta la Consulta. Quando le mogli calano la pasta non c’è Scuola delle Frattocchie che tenga, se è vero che le analisi politiche si trasferiscono davanti ad un piatto di spaghetti. Di venerdì con il tonno, tanto per non sfasciare la vigilia. Se la paura genera gli dei, le idee all’ammasso generano la mediocrità, tra un Campari e un piatto di magro. E la conclusione? La conclusione è tra le righe.

GIOVANNI PICUTI

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