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I Tagli di Fontana

Giancarlo Politi scrivendo di Dino Gavina nel numero di giugno di “Flash Art”, rivista d’arte contemporanea internazionale, ci restituisce uno spaccato di Foligno di cui dovremmo andare orgogliosi. “Dino Gavina” – racconta Politi – “fu un personaggio mitico dell’arte e del design. Negli anni Cinquanta, non so per quale motivo, essendo lui nato vicino Bologna, aprì un grande stabilimento per mobili di alta qualità e design a Foligno. (…) Nel suo stabilimento si incontravano Carlo Scarpa, Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Carlo Mollino, a cui l’aveva introdotto Lucio Fontana, grande amico e supporter di Gavina”, che, “tra un mobile e una follia, produceva opere e multipli d’arte che sono passati alla storia, come il grande specchio ovale di Man Ray (Les Grands Trans-Parents), un bellissimo divano componibile, il Malitte di Sebastian Matta, di cui in giro per l’ufficio ho ancora qualche pezzo rosso, i divani Cesca, Wassily e Reclining progettati da Marcel Breuer e realizzati solo come prototipi quando lui era alla Bauhaus. E opere e multipli di Marina Apollonio, Enzo Mari, Manfredo Massironi, Alberto Biasi, Getulio Alviani, Davide Boriani”. Foligno, grazie a Gavina, fu in quegli anni il centro del mondo del design. L’allegra combriccola, cioè il meglio del Parnaso (non solo italiano) dell’arte contemporanea, era condotta regolarmente a cena nelle trattorie del circondario dal concittadino Lanfranco Radi e dallo stesso Gavina, a cui andrebbe intitolata una via della città. Gli artisti apprezzavano molto la cucina umbra e i vinelli locali, anche se sapevano di spunto. Lucio Fontana, racconta Politi “non disdegnava le trattorie, le cucine povere e le belle ragazze formose e semplici” che frequentava con assiduità a Foligno, mentre in fabbrica un operaio di fiducia Gavina realizzava i famosi Tagli. Il Maestro, infatti, era entusiasta della bravura di questo operaio di Gavina, di cui s’è perso il nome e con cui condivideva pranzi e cene da Fichetto, Coccetti e ai Marchicelli. Irripetibile la Foligno di quei tempi. Quella di oggi organizza “son et lumière” lungo la ripa (non riva) del Topino, senza togliere nulla agli zelanti, sempre loro, ragazzi del pantegana-party. Ogni frutto ha la sua stagione. Se non ci fossero loro ad animare le estati cittadine staremmo ancora qui a raccontare quelle trascorse a mangiare fette di cocomero seduti al chiosco di Quintarello.

GIOVANNI PICUTI

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