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Ero straniero…

La moltitudine immensa di persone che emigrano forzatamente per fuggire dalla guerra e dalla miseria, senza sapere dove finirà la loro triste avventura, è un fenomeno sociale e umano di enorme impatto, che va misurato col respiro della grande storia. Purtroppo, non è facile affrontare questo problema senza correre il rischio di essere considerati di parte; ma è impossibile stare sopra le parti, perché lo vieta la parola di Gesù: “Ero straniero e mi avete accolto” (Mt 25,35). “Su questa pagina, scriveva San Giovanni Paolo II, non meno che sul versante dell’ortodossia, la Chiesa misura la sua fedeltà di Sposa di Cristo”. Di fronte a un uomo in difficoltà – quale che sia la sua razza, la sua cultura, la sua religione – i discepoli di Gesù hanno il dovere di amarlo operosamente e di aiutarlo secondo le loro concrete possibilità.
La vera sfida dell’integrazione passa innanzitutto attraverso un lavoro educativo, che ha il suo baricentro nel mondo della scuola. “L’Italia – avvertiva il card. Giacomo Biffi – non è una landa deserta, senza storia, senza tradizioni vive e vitali, senza una inconfondibile fisionomia culturale e spirituale (…). Ciò che dobbiamo augurare alla società italiana è che il massiccio arrivo di stranieri nel nostro Paese sia disciplinato e guidato secondo progetti concreti e realistici di inserimento, che mirino al vero bene di tutti”. Si tratta di un compito difficile, quello di conciliare le giuste esigenze della sovranità nazionale con l’urgente bisogno di soccorrere chi è costretto ad abbandonare la propria terra. “Se da un lato – osserva il card. Pietro Parolin – si riconosce ad ogni persona il diritto di emigrare, dall’altro esiste anche un diritto primario a rimanere nel proprio paese in condizioni di sicurezza e dignità”.
Papa Francesco sottolinea che per essere veramente solidali con i profughi, i migranti e i rifugiati, i quali “prima di essere numeri sono persone, volti, nomi, storie”, non basta limitarsi a inseguire l’emergenza del momento, ma occorre promuovere iniziative diplomatiche e politiche di ampio respiro. Ci sono politici che, di fronte al fenomeno migratorio, sono disposti a non consegnarsi ad una grave miopia o, al contrario, ad una resa incondizionata? Questa domanda, attualmente, non sembra trovare risposta nemmeno all’interno del mondo cattolico. Lucida, al riguardo, è l’analisi compiuta dal Presidente della CEI, card. Gualtiero Bassetti: “Non è possibile che, nonostante le diverse sensibilità, i cattolici si dividano in cattolici della morale e in cattolici del sociale. Non ci si può prendere cura dei migranti e dei poveri e poi dimenticarsi del valore della vita; oppure, al contrario, farsi paladini della cultura della vita e sviluppare un sentimento ostile verso gli stranieri. La dignità della persona umana non è mai calpestabile e deve essere il faro dell’azione sociale e politica dei cattolici”.
Ai fedeli laici è chiesto di stare in alto, ovunque si trovino, da cristiani. Evitando questi due estremi: troppi cattolici e pochi cristiani; troppo cattolici e poco cristiani.

MONS. GUALTIERO SIGISMONDI

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  1. Maurizio
    3 Settembre 2018

    io ero italiano…

    “… i miei profughi furono imposti dal Comando, che in qualche famiglia dovette usare anche le minacce perché fosse loro concesso un giaciglio strettissimo e senza fieno, od una stalla immonda ed umida. Fu detto anche che non conveniva seppellire i profughi nel cimitero e che si provvedessero un campo”
    Don Antonio Riva, Segusino (TV), 11 novembre 1918

    “…Fino allora aveva udito intorno parlare il solito dialetto della città, per lui facilmente comprensibile. Adesso, inspiegabilmente, le bocche sembravano gonfiarsi, incespicando, e ne uscivano parole diverse, di suono rozzo e informe. Come se dai remoti pozzi della città fosse venuta su un’eco turpe e nera. La scellerata voce dei bassifondi antichi all’improvviso riviveva, carica di delitti? Egli fu tra stranieri, in una terra lontana e inspiegabile, a lui feroce”
    Dino Buzzati, Non aspettavano altro, Sessanta racconti, 1958

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