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Perché la Cattedrale non riapre?

È una domanda che torna spesso sulle labbra dei folignati: “quando riapre San Feliciano?”. La Diocesi, il Vescovo, la Cattedrale e il suo Parroco hanno l’esigenza di dare una risposta ai fedeli e ai cittadini “orfani” del massimo tempio e centro della nostra città.

Dopo il terremoto del 1997 bastarono poco più di due anni per la riapertura, mentre ora dopo quasi tre non sono nemmeno partiti i lavori.

La ricostruzione dopo il sisma del 1997, che colpì duramente la nostra città e la nostra Cattedrale, fu gestita in un modo molto diverso dall’attuale. Fu minore l’area interessata, con minori danni; la gestione fu delegata agli enti locali mentre ora è centralizzata; l’economia era più florida, mentre ora il bilancio dello Stato è alle prese con il perdurare della crisi, che vede anche la Diocesi fortemente esposta sul versante della carità; la Cattedrale poté beneficiare dei fondi per il Giubileo, con i quali già prima del sisma era stato approntato un progetto di restauro. Ciò consentì di riaprire la Cattedrale in tempi più brevi di ora, semplicemente aggiornando un progetto già avviato.

Cosa sta facendo il Governo?

Il Governo, dopo aver fatto partire la “ricostruzione leggera” – che nella nostra Diocesi completa gli interventi minori già iniziati con i fondi dell’otto per mille alla Chiesa Cattolica -, non ha dato il via a quella “pesante”, che nel nostro caso riguarda la Cattedrale. Ciò significa che, anche a fronte di un primo insufficiente stanziamento, il Governo non ha stabilito le procedure da seguire per la ricostruzione, senz’altro anche per la minore disponibilità di denaro.

E cosa fa la Chiesa?

Pur nell’assenza di direttive, ma in accordo con le autorità, la Diocesi e la Parrocchia della Cattedrale si sono assunte l’onere di redigere un progetto con risorse proprie e con donazioni di privati, così da accelerare i tempi in vista della definizione delle procedure. Tuttavia, la tutela del patrimonio culturale spetta allo Stato, che impone precisi vincoli ai proprietari dei beni, i quali non possono intervenire al di fuori delle linee-guida stabilite dal Governo. Inoltre, la Diocesi da sola non può sostenere le spese della ricostruzione: non sarebbe sufficiente alienare il patrimonio immobiliare disponibile e non sarebbe giusto ridurre l’impegno caritativo.

Perché una nuova chiusura dopo vent’anni?

I danni del sisma del 2016 sono stati senz’altro inferiori, e le zone interessate dagli interventi precedenti hanno resistito bene. A soffrire di più sono state aree che vent’anni fa non avevano subito interventi strutturali, perché non danneggiate o perché non interessate da interventi invasivi, come cerchiature o l’applicazione di catene, che per ragioni estetiche non fu ritenuto opportuno porre in essere. Inoltre, un maggior rigore nella normativa antisismica ha fatto rilevare alcune criticità che in passato erano state sottovalutate. Infine, la storia costruttiva della Cattedrale, che dura da secoli e ha subito terremoti e guerre, ha come conseguenza una struttura estremamente vulnerabile perché complessa ed eterogenea, in cui le parti si influenzano a vicenda e dove l’applicazione di modelli è molto ardua.

Cosa accade ora?

Il progetto di consolidamento, commissionato dagli Enti religiosi in attesa che il Governo definisca le procedure, è sostanzialmente pronto. Non appena giungerà il via libera, si provvederà a iniziare i lavori compatibilmente con la disponibilità di denaro, possibilmente procedendo per stralci, al fine di anticipare gli interventi di messa in sicurezza che consentono il recupero dell’agibilità.

FABIO MASSIMO MATTONI

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