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Gatti al ballottaggio

Da qualche tempo a questa parte ho due gatti, due gemelli, a cui non ho imposto il nome. A cosa serve un nome? Ciò che chiamiamo gatto anche con un altro nome miagolerebbe lo stesso (parafrasando William Shakespeare – Giulietta e Romeo). Vediamo se riesco a contarvela con ordine. Li tengo in casa. O meglio, mia moglie li tiene in casa perché dice che le fanno compagnia. I gatti sono sempre pronti ad abbandonarsi ad uno strofinamento. Pur essendo felini si guardano in cagnesco, quando si tratta di conquistare le nostre simpatie, per non dire le crocchette, quelle che al supermercato costano più del sushi al ristorante. Ogni tanto spariscono all’interno della casa. Si impadroniscono di tutti i cantoni, degli angoli semibui, dei pianerottoli oscuri e inutilmente pronubi (dato che sono maschi). Ho il senso che mi tengano gli occhi addosso, ma non mi infastidisce sentirmi controllato da chi non può parlare. Io che alla mia età non avevo mai avuto gatti tra i piedi – e adesso ne ho due – mi sono affezionato a chi, per qualche sondabile motivo, mostra di essersi legato a me. Ne riparliamo al ballottaggio.

GIOVANNI PICUTI

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