foligno

Un nuovo dopoguerra

Solo nella concordia le città si riconoscono, combattono il declino e risorgono dalle macerie. Dalla Quintana giunge un prezioso insegnamento. Metelli ha ragione nell’affermare che la Quintana riassume in sé la concordia della città. Ora dalle parole passi ai fatti. La manifestazione è chiamata a riappropriarsi del ruolo per cui è nata nel dopoguerra, mai studiato fino in fondo. Foligno è ancora in tempo per godere del privilegio di trovarsi al centro di un crocevia strategico, ma non può sperare che i risultati si materializzino da soli. Ci sono molte analogie tra la manifestazione voluta dai fondatori nel 1946 e quella di oggi. Anche questa volta Foligno sembra essere uscita da una guerra, da un inferno diversamente dantesco. Venerdì sera, sospesi i veleni elettorali, sembrava tirasse un vivificante venticello da quiete dopo la tempesta. Zuccarini, prodigiosamente empatico, incassava imperturbabile gli auguri di buon lavoro e prometteva sostegno alla manifestazione. Con asciutta e condivisibile logica il vescovo si richiamava ai valori della comunità, consegnandoci un ossimoro e una metafora. Quantunque i rapporti tra istituzioni e Chiesa debbano marciare “paralleli e convergenti” la città ha un cuore solo e quel cuore deve battere nella concordia per il tempo che l’anima della città rimarrà separata. Insegnamento toccante quello di Gualtiero Sigismondi. Fino a quando e in che misura è consentita l’acrimonia? È ora che la politica deponga le armi “anco se (la vittoria) arride altrui” e che la Quintana torni ad essere propositiva ed aggregante per l’intera comunità. Ché questo è il ruolo assegnatole dai padri fondatori.

GIOVANNI PICUTI

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