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Il tarabuso che si morde la coda

Il geologo Claudio Bernetti segnala su un social il pericolo che la moria di pesci riscontrata nella palude di Colfiorito è destinata a ripetersi nel tempo. Del resto ciò accade frequentemente in conseguenza dei fenomeni idraulici di restringimento connessi alla natura paludosa delle zone umide. Tuttavia, fa sapere il qualificato osservatore, la moria è strettamente collegata al non più praticato “sfalcio delle canne che in passato veniva regolarmente effettuato da pescatori e cacciatori di Colfiorito” paradossali garanti della secolare sopravvivenza dell’habitat. Sembrerebbe, infatti, che le canne accresciutesi in questi ultimi anni finiscano per prosciugare il sito e stabilizzino “il sedimento sottraendo progressivamente spazio a pesci e uccelli acquatici impedendo la ossigenazione delle acque”. Non fa una piega. Le sorti della palude si sono arenate (nomen omen) a causa dei prosciugati bilanci del Comune di Foligno, che non ha risorse per sostituirsi ai pescatori e ai cacciatori di una volta, i quali provvedevano – bontà (o cattiveria) loro – alla ripulitura. Il rischio, conclude argutamente Bernetti, è “che per tutelare i nidi del Tarabuso presto l’ecosistema della palude sarà definitivamente compromesso con danno al Tarabuso stesso, che si voleva tutelare”. Il solito Tarabuso che si morde le penne caudali. Uno dei pochi volatili sulla terra ad esserne privo, tra l’altro.

GIOVANNI PICUTI

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