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Paesionline: c’è Foligno… Una guida ubertosa e dettagliata

Ho un ricordo molto piacevole delle guide del Touring Club; quelle rosse con la copertina rigida. Da bambino ne collezionavo quante potevo. Mi catturavano la fantasia e, in più, mi insegnavano l’italiano. Ricordo che nella guida dell’Umbria Foligno si trovava al centro di un’ubertosa pianura. Ubertosa! L’aggettivo mi affascinò al punto che via Umberto I era diventata ubertosa per me, la maestra era ubertosa e le castagnole di mamma erano ubertose. Fu per la guida del Touring che chiesi il primo vocabolario. Il babbo domandò: «Ti serve per la scuola?». «Certo» gli risposi; perché per il babbo un libro che chiedevo io avrebbe potuto anche essere un capriccio, ma se a chiederlo era la scuola diventava un dovere. Da noi i libri si pesavano in utilità. (Nonna mi diceva: «Fai il notaio, che una firma poi vale soldi». Quando s’andò a Ponsacco e entrai la prima volta al generi alimentari, Barberina mi fece: «O chi tu se’». «Il notaio». «E che tu vo’». «La liquirizia». «Paghi?». «Firmo». E si cominciò una bellissima amicizia). Io però il vocabolario lo volevo, perché bramavo sapere tutto di quell’ubertosa. Giorni fa invece ho letto qualche riga dedicata a Foligno da una guida online: si trova in un sito che si chiama Paesionline. È qui che ho capito di essere rimasto molto indietro, sia dal punto di vista storico – e questo sicuramente ci sta – sia da quello grammaticale – e qui ci sono restato un po’ male -. Anzitutto vengo a sapere che la Quintana è «un antico e spettacolare torneo cavalleresco» (anche l’ente, per dire, è l’Ente torneo della Quintana, chi non lo sa?) ed in più in «dettagliati abiti d’epoca medievale». Io ero arciconvinto si trattasse di abiti di foggia barocca, barocco spagnolo, per quel che ne so, ma hai visto mai: dettaglio più dettaglio meno, secolo più secolo meno. «Madonna, codesto abitino vi sta a pennello»; «E a voi, messere, codesto pantalone vi dettaglia amabilmente!». Ma poi la guida precisa che i cavalieri «hanno il compito di cavalcare intorno all’antico stadio di Foligno». Ora, a parte quell’antico che ci obbliga a cercare nuovi aggettivi per descrivere l’anzianità del Pantheon o del Circo Massimo, che non sono esattamente di quando-c’era-lui-caro-lei, c’è un fatto inquietante. Tutti sapranno che i folignati (e i turisti) sono grulli. Pagano il biglietto, prendono posto sugli spalti, inneggiano alla concordia de la cittade tutta, che è pur vittoria e bella e grande, e guardano un otto deserto e un dio Marte depresso, mentre dieci forsennati a briglia sciolta sfrecciano in Via Nazario Sauro, curvano a Porta Romana e giù in via Oslavia, per poi far ritorno (da dove? Da via Palombaro?). Si può sapere ‘sti cavalieri che fanno? «Cercano di sfilare con una lancia e un anello appeso ad una statua». Un periodo ubertoso. Fanno gli equilibristi: si portano appresso una lancia e un anello ma, per un minimo di suspense, l’anello è appeso ad una statua. Probabilmente se la passano, la statua: «Ahó – è romanesco, ma vabbè: siamo nella sexta regio augustea, mi disse un dì la guida del Touring – ahó Pertinace! Acchiappa ‘sto quintanone!». «Attento che casca!», urla il Furente con l’occhio all’anello. Poi alla fine magari si va tutti in taverna, «dove servono – ambiguità di quel dove! – menù» tradizionali (ma chi li serve? Chi è il soggetto?), oppure alla Fiera dei Soprastanti, notissimo «mercato di epoca comunale». Scopro, al di là di tutto, che «le propaggini dell’impero romano presero possesso» del territorio di Foligno, meschino, «grazie alle comunicazioni, rese possibili dalla via Flaminia». Queste propaggini imperiali, immagino, ci vollero tutte: ma se la presero comoda e qui si stette un trecent’anni boni ad aspettare l’impero. Che arrivò e finì. Come? Così: «Al crollo dell’impero, non si fecero attendere le incursioni barbariche, fino al regno dei longobardi che l’annessero al Ducato di Spoleto». ‘Sti Longobardi: probabilmente non avevano neanche il permesso di soggiorno. Il problema è: di che si sta parlando? Totò detterebbe a Peppino: «C’è stato una grande morìa delle vacche, come voi ben sapete. Punto. Due punti!» Abundantis ad abundandum. E anche qui c’è stata una grande morìa: della concordanza, della punteggiatura, dei nessi logici e anche dei generi. «Foligno infatti è sempre stata il fornitore principale di manufatti»: ma questa forse è modernità. Sono io a stare indietro: anche su internèt ti chiedono se sei m, f, oppure altro. E allora mi metterò a cercare questa Foligno che non conosco; la cercherò nei suoi scomparti, come quello della lavorazione del legno, «uno scomparto da sempre importante» per tutti noi (lo pensavamo chiuso in un cassetto e invece no), la cercherò fra le sue liuterie, fra i suoi fiumi che la attraversano, il Topino e il Menotre (che deve aver fatto il suo ingresso trionfale in città. Ma io stavo a Ponsacco), cercando tracce di quel Sacro Romano Impero che governò Foligno al tempo dei comuni. Ma però a me mi pare che è più meglio stare zitti, certe volte.

GUGLIELMO TINI

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