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Ex Zuccherificio, una fiction senza fine

In un articolo della Gazzetta, del marzo 2012 dal titolo “The End”, Villelmo Bartolini ha descritto quello che riteneva l’ultimo capitolo, “il lieto fine della nostrana telenovela postindustriale”: la presentazione a Palazzo Trinci delle “famose” torri dell’archistar Gae Aulenti. A oltre 7 anni si deve amaramente constatare che la “saga folignate” è tutt’altro che conclusa, anzi è ancora da costruire, nel senso letterale del termine. Ma si può edificare in una zona ad alto rischio idrogeologico? Perché l’area dell’Ex Zuccherificio è in “fascia A” ovvero ad alta pericolosità. Nel 1998 l’allora premier D’Alema dichiarò: “Mai più Sarno” varando l’omonimo decreto destinato ad evitare tragedie simili, che impone il divieto di edificazione nelle aree ritenute geologicamente pericolose. Lo strumento attuativo era il PAI (piano di assetto idrogeologico) da approvare con apposito provvedimento dello Stato.

In Umbria ci sono voluti 8 anni per redigere ed approvare le mappe che classificano le aree ad alta pericolosità idraulica, compresa, appunto quella dell’ex Zuccherificio e ci sono voluti 15 anni per approvare il PAI. Alla faccia della urgenza. L’ambiguità, tutta italiana, si è poi manifestata nelle norme di salvaguardia del PAI, in base alle quali se c’è una convenzione urbanistica, stipulata prima dell’approvazione del PAI stesso, si può costruire anche nella fascia ad alta pericolosità idraulica. Insomma, come dire, Giove pluvio stai sereno: prima di scagliare i fulmini leggi le carte. La convenzione stipulata tra il Comune di Foligno e Coop Centro Italia è del 2005, quindi nessun limite edificatorio.

C’è da dire che nel 2006 quando è stata definita, con la stesura definitiva delle mappe “di pericolosità”, nell’area ex Zuccherificio non erano iniziate le demolizioni (autorizzate nel 2009), né le urbanizzazioni (autorizzate nel 2010,) né, tantomeno, le costruzioni autorizzate nel 2013 e mai cominciate. Quindi si poteva (doveva) subordinare tutta l’operazione edilizia alla realizzazione degli interventi di messa in sicurezza del fiume Topino, interventi di cui si ignora, a tutt’oggi, l’iter. Sembra che sia stato depositato in Regione il progetto preliminare per un intervento sul “ponte della Ferrovia”, ma… tante chiacchiere e nessuna conferma.

Il piano attuativo del 2005 è decaduto, come sentenziato dal Tar Umbria, così come è decaduta la relativa convenzione urbanistica, che lo stesso TAR definisce “atto accessorio al piano di lottizzazione”. Quindi nessuna norma di salvaguardia, nessuna deroga potrebbe essere più consentita, con conseguente limitazione alla edificazione dell’area.

Nell’accordo Coop/Comune del febbraio 2019, invece, si prevede di “attualizzare” la convenzione (quella scaduta) per eludere i vincoli e le preclusioni edificatorie. Esemplificando: la convenzione 2005, essendo antecedente, non “rientrava” nelle limitazioni del rischio idrogeologico; i provvedimenti, gli accordi attuali, invece sì, a meno che non venga in soccorso qualche amministrazione, locale e/o regionale, “amica”. Insomma, l’attuale “pseudo-accordo” 2019 dimentica il termine di decadenza decennale e, soprattutto, ignora il pericolo idrogeologico; i privati plaudono. La prossima puntata? Quando l’Amministrazione comunale deciderà finalmente quali scelte effettuare. Per il momento tutto tace. Nell’area dell’ex Zuccherificio è rimasta solo la ciminiera, che svetta verso il cielo, testimone della Foligno che fu. Il suo fumo, probabilmente, ha annebbiato qualche cervello altrove. Oggi è solo il triste simbolo dell’incapacità politica di tante Amministrazioni che si sono succedute nel tempo e che pure oggi, sembra, non sappiano cosa fare.

STEFANIA FILIPPONI

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