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Il turismo religioso e i ritardi dell’Umbria

L’anno passato abbiamo fatto la singolare esperienza di partire da Roma a piedi per giungere in Spagna, a Roncisvalle, dove muovono i pellegrini alla volta di Santiago. Per 70 giorni e 2.200 km abbiamo incontrato persone – pellegrini o esperti camminatori – con un grande bisogno di marcia e di spiritualità. Anche nella laicissima Francia non sono mancati momenti significativi con uomini e donne che avrebbero voluto in qualche modo riallacciare i fili con la propria tradizione religiosa e culturale e lo facevano attraverso il pellegrinaggio, senza un’adesione preliminare a riti o istituzioni. Percorrendo le vie più importanti d’Europa, come la Francigena, la Domizia, la Tolosana, usate per circa mille anni e poi cadute in oblio, ci siamo chiesti che cosa abbia oggi la Galizia più dell’Umbria e Santiago de Compostela più di Assisi. Oggi, infatti, da tutta Europa, ma anche dalle Americhe, dalla Corea o dal Giappone, si va in Spagna a piedi o in bicicletta. Sono più di 200.000 gli attestati rilasciati dalla Cattedrale di Santiago durante l’anno. Ed è un fiorire di libri, di testimonianze scritte, di siti, di video, di film. È diventata quasi una moda fare il cammino: l’ha percorso anche quell’ateo impenitente di Piergiorgio Odifreddi, scrivendoci poi un libro di buon successo. A Santiago il turismo è di massa, grazie ai milioni di turisti che rappresentano una delle voci più consistenti del Pil della Galizia. Eppure, qualche decennio fa, solo pochissimi sapevano di Santiago e solo pochi spagnoli vi si recavano in pellegrinaggio. Poi, sul finire degli anni settanta, capitò che un prete cominciasse a studiare gli antichi percorsi e a mettere le prime frecce gialle sul cammino individuato. A seguire: ricerche, convegni, confraternite, ospitali, recuperi dei siti artistici e religiosi più importanti, il passaparola dei primi pellegrini coraggiosi, l’impegno degli amici di Santiago per la manutenzione del cammino, le prime guide che varcano i Pirenei alla volta dell’Europa. Poi sono arrivati i due pellegrinaggi di Giovanni Paolo II a rilanciare Santiago, negli anni in cui l’Europa scommetteva sul suo futuro comunitario. Infine si sono mosse le istituzioni pubbliche. Qualcosa di simile potrà mai avvenire anche in Umbria, la terra di Francesco e di Benedetto, la regione attraversata nei secoli passati da tanti pellegrini diretti a Roma o a Loreto? I politici locali ne parlano e gli operatori turistici ed economici lo sperano, ma finora le strade intraprese, a parte il nome dell’aeroporto regionale e la cartellonistica su alcuni tratti francescani, non sembrano quelle per andare in paradiso. Da noi c’è troppo campanilismo, iniziative locali non raccordate a livello regionale e interregionale, finanziamenti che non costruiscono progetti unitari e organici. Abbiamo percorsi francescani senza manutenzione, una via lauretana che si arresta tra Pale e Plestia senza un prima e un poi, una scarsa rete – civile e religiosa – di accoglienze modello francese e spagnolo, una pubblicità ancora artigianale e sconosciuta all’estero. Eppure è all’estero che l’Umbria deve guardare: per imparare e per attrarre.

© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI

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