Suor Cristina Giustozzi

Una folignate missionaria per il mondo: Suor Cristina

Suor Cristina, esperta pediatra, appartiene alla congregazione Suore Missionarie della Società di Maria.
Inizialmente le missionarie costituirono il Terz’ordine regolare di Maria e nel 1881 aprirono un noviziato a Saint-Brieuc; nel 1926 la compagnia passò alle dipendenze della congregazione de Propaganda Fide e nel 1931 la società adottò il nuovo titolo e venne approvata come congregazione di diritto pontificio.
Le suore della congregazione si dedicano essenzialmente all’apostolato missionario, soprattutto a favore delle donne.
Sono presenti in Europa (Francia, Germania, Italia), in Africa (Algeria, Burundi, Madagascar, Mauritania, Ruanda, Senegal, Tanzania), in Asia (Bangladesh, Filippine), nelle Americhe (Colombia, Giamaica, Perù, Stati Uniti) e in Oceania (Australia, Figi, Kiribati, Nuova Caledonia, Nuova Zelanda, Papua Nuova Guinea, Samoa, Isole Salomone, Tonga, Vanuatu, Wallis e Futuna).
A dicembre 2008 la congregazione contava 512 religiose in 114 case.
Suor Cristina ci ha rilasciato questa intervista con l’ausilio della comunicazione via Internet al suo ritorno in Francia dopo una missione in Algeria, e ha voluto arricchire l’intervista con una serie di foto scattate in vari luoghi di missione.

Qual è stato il percorso che l’ha portata a scegliere la vita consacrata e come la sua famiglia ha “reagito”? Quali sono state le esperienze che l’hanno condotta a fare tale scelta?
La mia famiglia mi ha dato un’educazione alla fede cristiana. È in parrocchia, nel contesto del Cammino Neocatecumenale, che ho vissuto le esperienze fondamentali che mi hanno permesso di riflettere sul senso della mia vita. La scelta della vita consacrata è arrivata come epilogo di una storia cominciata in me con una sorta di intuizione: Dio era presente nella mia vita e nel mio desiderio di essere felice, anche se non sapevo come. Determinante è stata per me la possibilità di approfondire la Parola di Dio, celebrarla nella liturgia e metterla in pratica nella vita comunitaria e nell’apostolato in parrocchia. Questa esperienza ecclesiale mi ha aiutato a prendere coscienza del fatto che solo il Signore poteva colmare il mio desiderio di essere felice e che mi chiamava ad appartenere solo a Lui, per tutta la vita.

Cosa rappresenta la fedeltà nella sua vita?
Dalla Bibbia sappiamo che la fedeltà è «l’attributo di Dio» che, «ricco di grazia e di fedeltà», chiama ogni persona ad una relazione d’alleanza con Lui. La fedeltà del Signore dura per sempre. Non si può dire altrettanto della fedeltà umana. Nessuno può essere fedele, se non si sente amato veramente. Credo che la fedeltà a Dio nasca dalla continua esperienza della fedeltà che Lui ha verso di noi. È questa esperienza che ha suscitato in me il desiderio di essergli, a mia volta, fedele.
In questo senso, ciascuno di noi è chiamato a crescere nella fedeltà. La misura di questa crescita non sono i successi o gli insuccessi. Se così fosse, la maggior parte di noi saremmo «squalificati».

Quali le “armi” per difenderla?
Mi sembra che l’essenziale sia conservare nel proprio cuore il primitivo impulso, il primo amore, come sorgente quotidiana a cui attingere forza. È quanto cerco di vivere al di là delle difficoltà, delle prove della vita. Sono perfettamente consapevole che vivere fedelmente una scelta di vita, consacrata o nel matrimonio, significa nuotare contro corrente rispetto alla «mentalità del secolo». Con quali mezzi? Poiché la sorgente della fedeltà è l’amore di Dio, guai a me se «chiudo l’orecchio» alla sua Parola o lascio la preghiera. Per il mondo, anche i Voti di castità, povertà e obbedienza sono, a dir poco, obsoleti. In realtà, essi sono il sentiero della fedeltà a Cristo nella vita religiosa. La comunità è altrettanto importante, non solo come luogo dove viviamo la nostra vocazione, ma soprattutto perché si costruisce intorno a Cristo, dal quale riceviamo la grazia di camminare insieme nella fede edi portare i pesi le une delle altre. Insieme è più facile tenere duro di fronte alle difficoltà.

In questi nostri tempi spesso le figure femminili accattivanti proposte dalla tv diventano per le giovani un modello da seguire. Quale donna suggerirebbe come maestra a cui guardare per la realizzazione di una vita piena?
Maria di Nazareth! Può sembrare una risposta anacronistica ed anche scontata da parte mia, che sono una suora missionaria marista. Se però andiamo al di là di una certa rappresentazione ieratica di Maria, scopriamo una donna che, fin da giovanissima, ha avuto il coraggio delle sue scelte, anche quando questo ha significato uscire totalmente dagli schemi socio-culturali del suo tempo. Le donne di oggi possono guardare a Maria per entrare in dialogo con lei su cosa significa essere donna e madre anche in situazioni estremamente difficili: ha dovuto affrontare il giudizio della gente, prendere, insieme a Giuseppe, la decisione di lasciare il proprio paese per cercare di salvare la vita del proprio figlio, lasciarlo partire una volta adulto, stare con Lui sotto la Croce. Maria è la fanciulla di Nazareth, la Madre Addolorata, ma è anche la donna del Magnificat, che ha fatto l’esperienza di una pienezza di vita. È anche la prima discepola di Cristo, colei che il sabato santo ha continuato a credere contro ogni speranza e che, nella Chiesa nascente, ha saputo essere l’anima della Chiesa apostolica, pur rimanendo nell’ombra.

Qual è a suo avviso oggi il ruolo della donna, laica o consacrata, all’interno della Chiesa?
Direi che, da un punto di vista umano, la ricchezza della Chiesa è la diversità delle vocazioni (femminili e maschili), dei ministeri e dei carismi. Quanto al ruolo della donna, Giovanni Paolo II auspicava una presenza attiva e responsabile, tale da permettere l’espressione dei «suoi “doni” propri, i doni … connessi con la sua vocazione femminile» (Christifideleslaici, n. 51), il suo “genio femminile” (Mulieris dignitatem, n. 31). Che cos’è questo genio femminile? È stato definito come la capacità di «vedere lontano», «con gli occhi e con il cuore», una capacità d’intuizione che scaturisce dalla capacità di generare la vita e di amare propria dell’essere donna. Tale contributo è prezioso per l’edificazione di una Chiesa che sa accogliere, amare e generare vita come una madre.

Cosa vorrebbe vedere realizzato con più urgenza nella Chiesa di oggi?
Come missionaria, ritengo che l’urgenza è di continuare ad annunciare la Buona Notizia di Gesù Cristo a un’umanità che perde progressivamente molti dei valori di riferimento più autentici. I nuovi aeropagi sono quelli della Nuova Evangelizzazione. Personalmente, ho scelto di vivere la mia vocazione in una congregazione marista e missionaria, perché credo a una Chiesa a dimensione «mariana», capace di unire l’audacia apostolica alla presenza discreta, nella fedeltà a Cristo e nella preghiera.

© Gazzetta di Foligno – NICOLINA RICCI

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