Un'arca per salvare Kobane

Un’arca per salvare Kobane

Un'arca per salvare Kobane

Mani tese a Foligno per la città che resiste all’Isis

In curdo si dice Dasta xushika, “mani tra sorelle”, ed è la parola che ora annoda Foligno a Kobane. Non due città “gemelle” – come dizione italiana vuole – ma due realtà, ciascuna con la propria unicità, che desiderano camminare mano nella mano.
Il Kurdistan – nazione sfilacciata tra Turchia, Siria, Iran e Iraq – è la patria di Kobane. Per dirla con Jasm Mustafa – uno degli ospiti della Biblioteca Mandela lo scorso 7 novembre – è “uno spettro che si aggira per il Medio Oriente”, una questione di cui non si può tacere se si parla di Kobane, in omaggio alla quale dobbiamo prima di tutto “rileggere la nostra Storia”. È proprio dall’Occidente – ha chiarito infatti il prof. La Guardia, detentore dell’unica cattedra di storia curda in Italia – che la Turchia ha appreso l’ars discriminatoria. Un’arte che i curdi si guardano bene dall’emulare. “Avevo 12 anni” – ha raccontato Soran Ahmad, mentore del gemellaggio che verrà perfezionato a gennaio con un protocollo d’intesa tra le due amministrazioni – “Attendevo che venissero a perquisirci senza motivo. Dissi a mia madre: «Tranquilla, tra poco cresco e divento partigiano anch’io». Ma mia madre mi riprese: «Tu non devi odiarli, perché se li odi diventi come loro». E mentre diceva questo, brandiva in tasca la pistola di mio fratello partigiano. Allora non capii, ma più avanti compresi che mi stava dicendo sì di non odiare, ma anche di difendere”.
Popolo dalla tempra accogliente, la comunità curda non cerca oggi uno Stato ma solo la libertà di usare la propria lingua. Un genoma testimoniato dall’esperienza democratica maturata nell’area dal 2011 e che ha visto Kobane soccorrere più volte le minoranze perseguitate dall’Is: un gesto di cui ora paga lo scotto.
Primo passo possibile in questo scenario – oltre alla raccolta fondi lanciata dalla Caritas con la cena che ha seguito il dibattito – quello offerto dal nuovo progetto Caritas de “L’arca del Mediterraneo”: una sfida di respiro internazionale che consentirà a studenti di Kobane, Grecia, Kosovo e Foligno di potersi formare e vivere insieme, avanzando proposte e facendo volontariato. E a chi maligna sul futuro di un gemellaggio con una città morente, “sapere che qualcuno condivide la sofferenza curda” – ha ribattuto Soran – ha invece “un suo valore”, tanto per Kobane e per i curdi, quanto per gli Stati che li discriminano. E se a taluni la Biblioteca Mandela è parsa luogo inusitato per inaugurare un gemellaggio, si risponderà con il rifiuto – ricordato da Jasm – opposto proprio da Madiba che, memore della discriminazione turca verso i curdi, rifiutò il premio per la pace di cui Ankara voleva insignirlo. E tra le righe, si noterà che, almeno, all’assemblea tediata in Biblioteca, rimarrà sempre di poter allungare un dito tra gli scaffali per sfogliare pagine e sprofondare in altri mondi.
Epilogo del dibattito dedicato a Kobane, danze del cucchiaio e dabke con il laboratorio di danze dal mondo tutto dedicato venerdì 7 al Medio Oriente e che sotto la direzione magistrale di Maurizio Gilotti anima la Caritas ogni due venerdì.
Tra un baklawa alla curda e una bruschetta ci cimentiamo in un “buon appetito” ma scopriamo che l’omologo curdo Noshi ghiant bet (“quello che mangi ti porti salute”) si usa in realtà solo al termine del pasto. Culture che si completano.
Hai visto come l’autunno è arrivato e ha distrutto il nostro giardino/ ha stupito il vecchio giardiniere/ ci ha lasciato senza foglie sui nostri alberi./ È l’autunno della mia vita, Kobani è sola/ preghiamo che l’autunno giunga al termine/ il giardiniere è solo.
Usciamo dall’ufficio sulle note di una canzone curda del momento. Il viale si è riempito di foglie in poche ore. Kobane deve sentirsi così, come le foglie che calpestiamo. “Kobane non muore” – ha voluto sottolineare il prof. La Guardia – “Kobane ci muore. L’Is è un agente del mercato bellico, un progetto dei nuovi signori della guerra” di cui anche noi siamo parte.
Possa Foligno nel suo piccolo farsi giardiniere e tendere davvero la mano per mitigare questo autunno.

FRANCESCA BRUFANI

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