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Sgomento e resistenza

Nel novembre del 2010 così parlava della nostra città Ignazio Marino, in qualità di presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale: Le indagini della magistratura sulla Asl 3 di Foligno hanno fatto emergere, attraverso le intercettazioni ed altri elementi resi pubblici, l’esistenza di un centro di potere che lascia intuire l’evoluzione di un comportamento, da diffuso malcostume a sistema. E le zone d’ombra non sembrano essere solo nella sanità, ma in larga parte della pubblica amministrazione, orfana di quell’etica pubblica che denunciano smarrita i tanti onesti dipendenti dello Stato, in Umbria e nel paese intero. Era scoppiata in quelle settimane la cosiddetta Sanitopoli nei suoi diversi filoni: nomine, assunzioni, gare d’appalto, finanziamenti, voto di scambio, società partecipate. Le telefonate intercettate, messe a conoscenza dell’opinione pubblica, suscitavano sgomento e rabbia, anche perché alcune frasi dei protagonisti, divenute di dominio pubblico, non potevano non provocare disgusto. Il potere era nudo, ma non provava vergogna. Anzi. Tutti – è inutile ripetere qui i loro nomi – sono rimasti ai loro posti, tranquilli, dando quasi un’immagine di normalità e facendo crescere la tentazione di pensare che vivere rettamente sia inutile, in un contesto dove la legge del più forte ha soppiantato la forza della legge. Un processo di autocritica non è stato intrapreso dalle forze politiche coinvolte. E non c’è stata riflessione alcuna sulla “questione morale”, o sull’impegno per l’etica pubblica che dovrebbe caratterizzare chiunque scelga la militanza politica o sia chiamato a governare. È mancato soprattutto il coraggio di rifiutare la logica della maschera, quella che coniuga “vizi privati e pubbliche virtù”. L’impegno per il bene comune, infatti, dovrebbe essere uno stile continuo di vita, un agire caratterizzato da scelte di fondo che portano il politico a stare vicino alla gente, a farsi voce delle istanze di giustizia di chi non ha voce e sostenerle. Per questo, non possiamo non chiedere alla valanga di intercettati di Sanitopoli – parlamentari e amministratori, manager e faccendieri, politici e dipendenti pubblici – quanto bene comune ci fosse nelle loro telefonate e quanto rispetto per la dignità di ogni persona nelle loro sicumere. Se poi da Foligno ci spostiamo a Roma – è storia di questi giorni -, ci ritroviamo sul ciglio del baratro. Si guadagna di più con gli zingari e con i migranti che con la droga! Ecco dove ci ha portato l’intreccio tra la vecchia destra eversiva romana, i faccendieri criminali, i politici di turno – rigorosamente bipartisan – al servizio di poteri mafiosi. Dal sud al nord l’Italia non si era mai trovata, come oggi, così intrisa nel malaffare e così sprovvista di anticorpi per liberarsene. Pesanti sono le conseguenze sulla vita della gente, perché, accanto alla crisi economica di cui non si vede l’uscita, è l’oscuramento della speranza collettiva ad aggravare la situazione. C’è bisogno di un nuovo corso della politica. Prima ancora, di una nuova resistenza che risvegli la speranza. I giovani possono farcela, il vecchio ceto politico no.

ANTONIO NIZZI

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