Dispersione urbana 2

Recuperiamo terreno (per non farci mancare la terra sotto ai piedi)

Consumo piana comune Foligno elaborazione Geoviewer ISPRA
Consumo piana comune Foligno elaborazione Geoviewer ISPRA

Il rapporto ISPRA sul consumo del suolo e la città di Foligno
La consapevolezza che il suolo è una risorsa scarsa e non rinnovabile è relativamente recente. A questa coscienza, per altro assolutamente immatura, non si combina poi quella relativa al ruolo del suolo nella vita del pianeta, agli effetti ecologici della sua impermeabilizzazione e a quelli sociali, oltre che economico-ambientali, della dispersione urbana. Il rapporto ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) 2015 sul consumo del suolo (significativamente intitolato Recuperiamo Terreno), reso pubblico lo scorso 6 maggio (www.isprambiente.gov.it), è innanzi tutto un contributo alla formazione di una cultura senza la quale gli interventi normativi (che a livello europeo e nazionale stanno muovendo i primi timidissimi passi) sarebbero incompresi e quindi inefficaci. I dati, che da quest’anno sono disponibili anche su base comunale, dicono che risulta ormai irrimediabilmente cementificato il 6,5% del suolo del comune di Foligno. Un valore che rispecchia la media del Centro Italia e che in sé non sembrerebbe particolarmente elevato, anche comparandolo a quello degli altri comuni della regione, tra i quali spicca il 20,4% di Bastia Umbra. Bisogna però considerare che nella media rientrano anche le fasce montane del territorio comunale e che le aree pianeggianti sono occupate in percentuale molto più elevata. Si capisce quindi come la nostra città sia classificata tra quelle con tendenza alla dispersione. Le conseguenze della dispersione vengono evidenziate con chiarezza dall’ISPRA: “l’urbanizzazione diffusa e dispersa produce non solo perdita di paesaggi, suoli e relativi servizi ecosistemici, ma è anche un modello insediativo energivoro e predisponente alla diffusione del sistema di mobilità privata.”
Il fenomeno della costruzione a pioggia che ha prodotto un tessuto urbano sfilacciato ed irrazionale, ha subito un rallentamento con la crisi economica, ma è destinato a riacutizzarsi se non saranno attivate politiche coraggiose e lungimiranti. Il rifacimento del piano regolatore è una occasione unica. Ma l’obiettivo della riduzione del consumo del suolo fino al suo azzeramento è chiaro e condiviso? E sono chiari i percorsi necessari a renderlo possibile (e non solo auspicabile)?

Alcune note dal rapporto ISPRA sugli effetti della impermeabilizzazione del suolo

L’impermeabilizzazione rappresenta la principale causa di degrado del suolo in Europa, in quanto comporta un rischio accresciuto di inondazioni, contribuisce al riscaldamento globale, minaccia la biodiversità.

Con l’impermeabilizzazione le funzioni produttive dei suoli sono inevitabilmente perse, così come la loro possibilità di assorbire CO2, di fornire supporto e sostentamento per la componente biotica dell’ecosistema, di garantire la biodiversità o la fruizione sociale.

Nel territorio si incrementa anche la frammentazione degli habitat, con la possibile interruzione dei corridoi migratori per le specie selvatiche (EEA, 2006).

Nelle aree urbane il clima diventa più caldo e secco a causa della minore traspirazione vegetale ed evaporazione e delle più ampie superfici con un alto coefficiente di rifrazione del calore. Soprattutto in climi aridi come quello mediterraneo, la perdita di copertura vegetale e la diminuzione dell’evapotraspirazione, in sinergia con il calore prodotto dal condizionamento dell’aria e dal traffico e con l’assorbimento di energia solare da parte di superfici scure in asfalto o calcestruzzo, contribuiscono ai cambiamenti climatici locali, causando l’effetto “isola di calore”.

Su scala globale il serbatoio non-fossile di carbonio nel suolo ammonta a circa 1.500 miliardi di tonnellate (più del carbonio contenuto nell’atmosfera e nelle piante sommati assieme) quasi tutte entro il primo metro di suolo.

Il dilavamento dei suoli e delle superfici artificiali da parte delle acque di scorrimento superficiale determina anche un incremento del carico solido e del contenuto in sostanze inquinanti, provocando un forte impatto sulla qualità delle acque superficiali e sulla vita acquatica.

La riduzione di zone umide, pozzi naturali e terreni permeabili, combinata con l’espansione delle città nelle piane alluvionali e costiere, spesso posizionate lungo le coste o le rive dei fiumi, aumenta fortemente il rischio di inondazioni, anche in considerazione dei possibili effetti dei cambiamenti climatici.

Umbria verde? Semmai rossa
Suolo consumato province
Il rapporto annuale dell’ISPRA riserva parecchie sorprese per quanto riguarda il territorio regionale. Se infatti nella nostra regione il consumo di suolo “effettivo”, cioè quello calcolato sul suolo disponibile, è pari all‘8,7%, un dato inferiore alla media nazionale, la superficie alterata direttamente o indirettamente dagli insediamenti è pari a più del 50%. L’Umbria compare in “bassa classifica” e colorata di rosso in molti degli indicatori relativi alla gestione del suolo, in modo particolare la provincia di Perugia è tra quelle con una dispersione urbana maggiore. Si tratta di un dato particolarmente sconfortante per un’area che vorrebbe coltivare la propria vocazione turistica, basata, oltre che sui valori artistici e religiosi, su risorse paesaggistiche uniche e su un comparto agroalimentare solido.

Il quadro legislativo
La Comunità Europea si è data l’obiettivo di arrivare ad un equilibrio sul suolo consumato nel 2050, cioè a fermare il consumo di nuovo suolo entro quella data. Si tratta però di un obiettivo non vincolante e non è mai stata emessa l’attesa direttiva necessaria ad attivare le legislazioni nazionali. Nel frattempo esiste un disegno di legge (C. 2039 Governo) in fase di avanzata discussione presso le commissioni riunite Agricoltura e Ambiente della Camera, che prevede che il consumo di suolo sia consentito esclusivamente nei casi in cui non esistano alternative consistenti nel riuso delle aree già urbanizzate e nella rigenerazione delle stesse. Il disegno prevede strumenti di compensazione ecologica per le aree già impermeabilizzate e strumenti di monitoraggio. La regione Umbria, nel Testo Unico sul Governo del Territorio, LR1/2015, stabilisce un principio generale di “contenimento del consumo di suolo, di riuso del patrimonio edilizio esistente e di rigenerazione urbana”, affidando ai Piani regolatori l’attuazione di questo principio. La stessa legge stabilisce anche un limite del 10% all’incremento delle previsioni edificatorie rispetto ai piani vigenti al 1997. È evidente che si tratta di prescrizioni blande, soprattutto qualora i piani regolatori vigenti abbiano previsioni edificatorie significative ancora non realizzate (come nel caso di Foligno).

VILLELMO BARTOLINI

0 shares

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Skip to content