ok - Oratorio Gonfalone - Fig.02_volta altare maggiore

L’Oratorio del Gonfalone

Nel corso dell’anno scolastico 2016-2016 la scuola secondaria di primo grado “Giosuè Carducci” ha partecipato al progetto “Oratori di Foligno”, promosso dalla Coopculture con il patrocinio del Comune di Foligno. Il prodotto finale del progetto è una piccola pubblicazione sui più importanti oratori della nostra città. In particolare, la classe III E ha analizzato e descritto l’Oratorio del Gonfalone.

La confraternita del Gonfalone di Foligno venne istituita nel 1533. Inizialmente si chiamava confraternita della Madonna di San Francesco, perché era legata ad un’antica immagine della Madonna dipinta su un muro laterale della chiesetta di San Matteo, edificio che nel XIII secolo era stato inglobato nella chiesa dei francescani. La confraternita si denominò del Gonfalone quando, nel 1575, fu aggregata all’omonima congregazione romana. Tra le opere di pietà svolte dai confratelli c’erano l’alloggio di pellegrini negli anni santi, la liberazione annuale di un condannato a morte e l’assistenza ai carcerati.

In onore dell’antico dipinto della Madonna fu costruita una cappella, che rappresenta quindi il primo edificio sacro legato alla confraternita folignate.

A partire dal 1614 si decise di costruire una chiesa di maggiori dimensioni, che venne effettivamente realizzata nel primo trentennio del Seicento. Alla decorazione di questo edificio parteciparono il pittore Feliciano Trapassi e gli scultori Francesco Costantini e Leonardo Scaglia.

Un terzo intervento di riok - Oratorio Gonfalone - Fig.01_Voltafacimento dell’oratorio venne effettuato su progetto di Sebastiano Cipriani, architetto nato probabilmente a Norcia intorno al 1660 e morto a Roma nel 1740. Il progetto risale al 1734, i lavori furono ultimati nel 1738. Il risultato fu un elegante edificio tardo barocco a pianta ellittica, con un altare maggiore e sei altari laterali.

Gli stucchi dell’altare maggiore furono eseguiti da Gioacchino Grampini tra il 1746 e il 1747 su disegno di Pietro Carattoli. Lo scultore eseguì questi lavori per la somma di 130 scudi. In alto, in una targa, si legge una frase tratta dal libro dei Proverbi: Ego diligentes me diligo (Io amo coloro che mi amano). I due angeli disposti ai lati sono sostenuti da due peducci, sui quali si leggono altre due frasi bibliche: la prima è tratta dal libro di Osea (Quasi oliva gloria eius: La sua gloria sarà come l’olivo), la seconda è ripresa dal Cantico dei Cantici (Lilium inter spinas: Giglio tra le spine). Come si ricava da un prezioso inventario compilato nel 1847, l’altare maggiore ospitava la tela rappresentante San Bonaventura e l’Assunta, opera attribuita ad Anton Maria Garbi oggi visibile nella sacrestia della chiesa di San Francesco.

Dal citato inventario si rok - Oratorio Gonfalone - Fig.04_secondo altare parete dxicava che anche gli altari laterali erano ornati da numerose opere, oggi disperse o conservate altrove. Questi altari furono costruiti per volere di importanti famiglie folignati, che vengono ricordate attraverso gli stemmi visibili sui plinti delle colonne.

Il primo altare della parete sinistra apparteneva ai Barnabò, il secondo ai Marchetti, il terzo ai Fontana Bartocci.

Il primo altare della parete destra era di iuspatronato della famiglia Morotti, mentre l’altare centrale della parete destra era intitolato al Crocifisso, che nella fase seicentesca dell’oratorio spettava alla famiglia Barnabò. È l’unico altare che conserva tracce dell’originale decorazione pittorica, e precisamente una croce, alla quale era fissata una statua rappresentante Gesù crocifisso. Il terzo altare della parete destra apparteneva alla nobile famiglia Bolognini, si vede infatti il loro stemma (con fascia indivisa e tre monete caricate con la cifra A poste in triangolo, due sopra la fascia, una sotto). Nell’inventario del 1847 l’altare è riferito ai “Signori eok - Oratorio Gonfalone - Fig.05_seconda statua parete sxredi Elmi”, perché nel 1785 il casato dei Bolognini si era estinto e l’ultimo membro, Giovanfrancesco, aveva lasciato il suo patrimonio ai figli di Girolamo Elmi, figlio della zia paterna Maria Bolognini e di Filippo Elmi.

Molto interessanti sono le statue, attribuite a Gioacchino Grampini, che si trovano nelle quattro nicchie delle pareti laterali. Rappresentano quattro eroine bibliche: Giaele, Ester, Giuditta e Rut, simbolo della singolare forza d’animo che le donne, in particolari situazioni, sono in grado di esprimere.

La prima statua della parete sinistra raffigura Giaele, un personaggio poco noto di cui si parla nel Libro dei Giudici, e precisamente nel Cantico di Debora e di Barac: vi si narra che Sisara, nemico degli israeliti, dopo essere stato sconfitto da Barac fuggì e trovò asilo nella casa di Eber, ma la moglie di quest’ultimo, Giaele, lo uccise nel sonno conficcandogli un picchetto nella tempia. Nel testo Giaele viene definita benedicta inter mulieres (“benedetta fra le donne”), frase che viene riportata ai piedi della statua.

La seconda statua della parete sinistra è Ester, rappresentata con corona e scettro ed illustrata dalla frase Adamavit eam rex plusquam omnes mulieres (“Il re la amò più di ogni altra donna”). Ester, ragazza giudea che viene scelta come sposa dal re Assuero (identificato con il persiano Serse), ottenne dal marito che i giudei potessero difendersi nel giorno in cui era stato ok - Oratorio Gonfalone - Fig.03_Prima statua parete sx
stabilito il loro sterminio.

La prima statua della parete destra è Rut, ritratta con un mazzo di grano; ai suoi piedi si legge la frase Inveni gratiam apud oculos tuos (“Trovai grazia ai tuoi occhi”). Modello di pietà e bisnonna del futuro re David, Rut sposò un ebreo emigrato nel suo Paese; rimasta vedova, a sua volta immigrò in terra di Israele per rimanere accanto alla suocera Noemi, anch’essa vedova. Qui incontrò un parente del marito, Booz, che la vide mentre spigolava in un campo di grano e, inaspettatamente, decise di sposarla per riscattarla dalla disperazione.

La seconda statua della parete destra è Giuditta, raffigurata con il capo mozzato di Oloferne: Giuditta, giovane vedova giudea, salvò con la sua astuzia la città palestinese di Betulia dall’assedio del generale assiro Oloferne. In basso si legge la frase Non est talis mulier super terram (“Non c’è altra donna simile sulla terra”).

Nel vano che conduce alla sacrestia sono conservati uno stemma di papa Gregorio XIII (al secolo Ugo Boncompagni) e un’iscrizione del 1578 che ricorda quando questo pontefice concesse alla confraternita del Gonfalone l’altare privilegiato, e cioè la possibilità di ottenere l’indulgenza plenaria a favore di un defunto celebrando la messa sull’altare maggiore dell’oratorio.

EMANUELA CECCONELLI

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