vuoto2

Integrazione degli ospedali di Foligno e Spoleto. “Decentrare se possibile, accentrare se necessario”

Il caro amico Alvaro Bucci in un suo articolo pubblicato sulla Gazzetta del 2 aprile scorso fa riferimento alle risultanze, per ora ignote, di un gruppo di ex ospedalieri incaricati di stilare un progetto di “integrazione” tra i due Ospedali di Foligno e di Spoleto per farne “un unico nosocomio articolato in due sedi”. Obiettivo sfidante, ma raggiungibile?

Io non conosco, come l’amico Bucci, il contenuto del documento che i “saggi”, da lui citati nell’articolo e dei quali ho profonda stima, avrebbero elaborato. Per cui, come lui, attendo. Ma nell’attesa, in una Città che si arrovella sul futuro della Quintana, un trillo di sveglia lo farei suonare, ben più forte di quello fatto scattare per l’antica Tenzone, facendo a me stesso e a tutta la cittadinanza una domanda: si possono integrare due ospedali distanti oltre 20 km? E, se sì, come?

Innanzitutto chiariamo cosa significa “integrare”.

Traggo dal Dizionario della Lingua italiana Loescher Editore il significato del termine “Integrare”. Vi si legge “completare qualcosa aggiungendo quello che manca”. Consultando invece il termine “integrarsi” si legge “diventare parte integrante, inserirsi” oppure “completarsi a vicenda”. È questo il nostro caso? Completarsi a vicenda? E come fare “un unico nosocomio su due sedi” partendo da basi completamente diverse?

L’amico Bucci certamente ricorda il Direttore Generale della allora USL n. 3 dott. Giancarlo Comastri che intorno agli anni ‘90 bollò (cito a memoria) questo problema, che già allora era all’ordine del giorno, con una battuta pungente: “costruiamo un bel corridoio lungo 20 km…”, ed io aggiunsi “sì, purché riscaldato…”. E un altro collega aggiunse: “se ne facciamo un altro verso Perugia, anche se un po’ più lungo, il problema della sanità regionale è risolto!”. A parte le battute, riprendo il discorso di Alvaro Bucci che più oltre nel suo articolo cita l’assessore alla Sanità che avrebbe ricordato agli incaricati della stesura del progetto di integrazione l’obbligo dell’applicazione del Decreto Ministeriale n.70/2015 che “impone la presenza di casistica adeguata per i vari servizi ospedalieri”.

E qui comincia a suonare il trillo di sveglia che prima citavo. Basta andare all’allegato 1 di quel decreto per vedere “ipso facto” una sanità umbra completamente riscritta e non solo per Foligno e Spoleto. E allora? Torniamo al vocabolario. Scegliamo ancora tra i vari significati di “integrare” quello più benevolo per le parti in causa: “completarsi a vicenda”. Bene. Per capirci meglio senza entrare nel tecnicismo, poniamo un quesito studentesco del tipo: “Abbiamo una stanza A dove c’è pressione dieci ed una B dove c’è pressione zero: per “completarsi a vicenda” cosa deve succedere in queste due stanze? Un ipotetico alunno “intelligente” proporrebbe che la stanza a dieci vada a cinque e quella a zero salga cinque. Elementare. Oppure, come sostengono autorevoli studenti spoletini, che più semplicemente la stanza a zero venga portata a dieci. Fulminante, come non averci pensato prima! Oppure, come dicono prudenti meditatori, che a mesi alterni la pressione vada a dieci una volta di qua e una volta di là. Già. Ma, obietta il professore, se il gas è sempre quello come si risolve il problema? Lo prendiamo dalla stanza A, dicono gli studenti spoletini. Obietta ancora il professore che le Leggi del Gas (il Decreto Ministeriale) dicono che lì il gas non ci si può proprio mettere in nessuna maniera! E allora gli studenti si azzuffano tra chi vuole rispettare le Leggi del Gas e chi no.

Dunque dalla favoletta che ho improvvisato si può dedurre che l’integrazione va certamente perseguita, ma con qualche “IDEA VERA CERCASI” e che non sia come nella famosa “leggenda del condominio”, nella quale si racconta che un capo di un condomino per perseguire “l’integrazione” tra tutte le varie e contrastanti richieste dei suoi condomini, al fine di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo, si inventò un nuovo regolamento. Questo prevedeva che l’ascensore potesse essere usato solo da chi pescava da un apposito pallottoliere un numero precedentemente assegnatogli, che l’illuminazione delle scale avvenisse un piano alla volta a rotazione settimanale, che il riscaldamento fosse a carico solo di alcuni condomini i cui numeri di appartamento erano abbinati al primo estratto sulla ruota di… Perugia!

Passando dal faceto al serio io credo che sia arrivato il tempo di affrontare i problemi per quello che sono e non per quello che ci piacerebbe fossero. Le risorse sono al lumicino e la ferrea regola della organizzazione va applicata: “decentrare se possibile, accentrare se necessario”. Regola che deve valere per tutti.

Intorno agli anni ‘70-’80 gli amministratori (politici e tecnici) affrontarono nel comprensorio di Foligno il problema della presenza di una pletora di Ospedali (Spello, Trevi, Nocera Umbra, Montefalco). Legalmente erano Ospedali in piena regola, ma non rispondevano più ai canoni della Medicina moderna per una serie di ragioni che in sintesi riguardavano sia lo sperpero delle risorse, sia la sicurezza. I fautori della permanenza di questi Ospedali erano costituiti in parte dalla popolazione, quasi sempre però male informata o addirittura, ad arte, totalmente disinformata, e in parte, per la verità, dai politici locali, che avevano paura di perdere voti se avessero sostenuto la necessità di chiuderli e/o riconvertirli. Ma un bel numero di “resistenti” era costituito dai tecnici (medici ed infermieri) che prefiguravano per loro, in caso di chiusura, il venir meno di uno “status” di cui godevano e che probabilmente avrebbero perso in caso di trasferimento in una struttura più grande. I decisori tennero duro e non guardando in faccia a nessuno, seppur tra mille polemiche, dettero vita alla più grande riconversione/integrazione che la Sanità umbra abbia mai vissuto. Dalle riconversioni/integrazioni di quegli Ospedali nacquero a Foligno e per tutto il suo comprensorio e non solo, la Nefrologia, la Pneumologia, la Riabilitazione Neurologica di Trevi, fiore all’occhiello della sanità umbra e nazionale, la Riabilitazione cardiologica di Nocera Umbra etc. etc. Si creò inoltre un precedente che fece da prototipo per tutta una serie di operazioni di riconversioni strutturali della rete di assistenza ospedaliera/territoriale che ancora oggi sono in atto in varie parti della Regione.

E allora avanti applicando la Legge. Ma con intelligenza, che non significa furbizia né tanto meno l’applicazione in materia della “leggenda del condominio” o simili.

DENIO D’INGECCO

0 shares

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Skip to content