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Al tramonto della vita: alleanza terapeutica e umanizzazione della malattia

Intervista al dott. Sergio Menghini moderatore del convegno
Perché come Ufficio per la Pastorale Sanitaria avete proposto ai medici e a tutti gli operatori sanitari di riflettere sul tema dell’alleanza terapeutica e umanizzazione della malattia?
Abbiamo scelto questo tema perché attualmente, se da una parte si parla sempre più di consenso informato, che presuppone dialogo, comunicazione, informazione, recupero del metodo clinico, dall’altra assistiamo ad un progressivo decadimento del rapporto medico-paziente. Il medico per vari motivi tende a dare sempre meno spazio all’anamnesi, all’esame clinico, alla visita medica, e a favorire sempre più il tecnicismo (computer, esami di laboratorio e strumentali) a scapito delle relazioni.

Che cosa si intende per Alleanza Terapeutica?
L’alleanza terapeutica fra paziente e personale medico e paramedico significa prima di tutto accompagnare il malato e la sua famiglia per tutto il percorso che va dalla diagnosi, alla terapia, al followup di una malattia. Importanti sono la condivisione del percorso diagnostico, la comunicazione e l’informazione del paziente sulla diagnosi definitiva, la condivisione del progetto di cura. Quest’ultimo ha lo scopo di ridurre ansie e paure, scatenate soprattutto dal mistero, per arrivare al consenso informato.

In questi giorni si sta discutendo in Parlamento del testamento biologico. Come si colloca in un discorso di alleanza terapeutica?
Testamento biologico e alleanza terapeutica sono intimamente legati. Non entro nel merito del difficile tema del testamento biologico, mi limito a ribadire l’importanza di approfondire seriamente il tema della proporzionalità delle cure. Per proporzionalità delle cure rispetto ad una situazione clinica intendo l’individuazione di tutte quelle terapie che non arrecano maggiore sofferenza al paziente (accanimento terapeutico), ma lo accompagnano verso una morte dignitosa.

Come si può arrivare ad una umanizzazione della malattia?
Prima di tutto, nella nostra professione, siamo chiamati a tener “ sempre” presente che dietro una malattia c’è una persona con la sua sensibilità, i suoi valori, le sue preoccupazioni, le sue difficoltà, ma anche le sue ricchezze. Per umanizzare la malattia è necessario andare oltre un’alleanza terapeutica e arrivare ad un “patto di non abbandono” con il paziente e la famiglia, per far sì che non si sentano soli nel percorso della malattia, ma sostenuti non solo dal punto di vista medico, infermieristico, ma anche psicologico, sociale e religioso.

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