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La S. Messa e l’arrosto

Qualche domenica fa per motivi più o meno giustificabili sono arrivato tardi in sacrestia e ho iniziato la S. Messa con oltre 20 minuti di ritardo. Al suono della campana qualcuno se ne era andato, e sapevo benissimo che prima o poi avrei “pagato il conto”. Il giorno è arrivato. Sceso dalla macchina, ecco avvicinarsi il grappolo di signore che avevano lasciato il banco. Ero pronto a saldare il debito spendendomi in motivazioni, ma non avrei mai immaginato di incassare addirittura un gruzzoletto di scuse calorose e sincere. Non se ne erano andate irritate e arrabbiate, ma piuttosto allarmate e allertate dal timer del forno che stava cuocendo il pollo arrosto. Non sapevo che il tempo della S. Messa, andata e ritorno compreso, fosse giusto giusto per la cottura fragrante e croccante della pietanza domenicale! Non lo avevo letto su nessun libro di ricette, tanto meno nei manuali di pastorale. La riforma dell’orario festivo delle SS. Messe deve tener conto delle abitudini culinarie degli italiani: non troppo presto, per non servire la pietanza fredda e asciutta, né troppo tardi, per non rischiare di presentarla cruda o non confezionata a dovere. Sapevo che il pranzo domenicale è un rito importantissimo e irrinunciabile, segno di festa e di comunione, ma non avrei pensato che, mentre sale il fumo degli incensi, qualcuno immagina il profumo degli arrosti. Sapevo che il cibo è ancora uno strumento essenziale di pacificazione, ma non avevo cognizione che, mentre qualcuno intona i salmi, altri sciorinano gli ingredienti del salmì. Ho sperimentato tante volte la potenza riconciliatrice di un buon pasto, ma non osavo credere che, mentre si ostende il pane e il vino eucaristico, qualcuno stende pasta per tagliatelle e frittelle, si mostra l’Agnello di Dio e si pensa al pollo arrosto. Esiste una vera e propria teologia del cibo e della mensa, ricchissima di significati e di messaggi divini, una letteratura biblica e spirituale amplissima sull’argomento, perché l’uomo nel bene e nel male è anche ciò che mangia, come lo mangia e come dà da mangiare. Il lauto banchetto o il fast food, il pasto condiviso o solitario sono specchi trasparenti di culture e di stati di vita. Ma fino a che punto possono dettare i ritmi o condizionare la vita liturgica e celebrativa di una persona, di una famiglia o di una comunità? Qualcuno, per osservare questo luculliano “precetto festivo”, viene sempre alla S. Messa del sabato o prefestiva, non incontrando mai la propria comunità e magari vivendo una liturgia più curata. Eppure non per cucinare o per poter alzarsi più tardi fu introdotta la liturgia del sabato sera, prerogativa quasi solo esclusiva della Chiesa Italiana e dei movimenti. Che cosa ha prodotto il moltiplicare le liturgie farcendo di S. Messe anche il sabato pomeriggio e sera? Questo mi sembra il vero arrosto!

© Gazzetta di Foligno – GIOVANNI ZAMPA

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