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Il cambio generazionale: un’opportunità per l’Umbra Cuscinetti e per Foligno

In una location aziendale che ha subito un importante restyling ho incontrato Antonio e Beatrice Baldaccini per un’intervista esclusiva alla Gazzetta di Foligno. Il terzo fratello, Leonardo, vive negli Usa a Seattle, e partecipa insieme agli altri al management aziendale

Da tre anni a questa parte sono cambiate molte cose nella vostra azienda. Come le nuove responsabilità e i ruoli che state ricoprendo hanno modificato l’Umbra Cuscinetti?
Beatrice: Stiamo guidando una trasformazione e un passaggio generazionale che era stato preparato con mio padre, con la mia famiglia e con un consulente esterno avviando così un percorso per diventare in primis azionisti lungimiranti e poi manager competenti ed efficienti. Abbiamo deciso di essere anche manager e concordato, in base ai nostri percorsi di formazione e alla motivazione, che Antonio sarebbe stato l’amministratore delegato, Leonardo il responsabile di amministrazione e finanza ed io la responsabile delle risorse umane e della comunicazione. Nel momento in cui nostro padre è venuto a mancare, a livello aziendale eravamo preparati a questo passaggio. A sole tre settimane Antonio è stato nominato AD dal Cda e da lì abbiamo avviato un percorso di trasformazione nel senso che abbiamo mantenuto i valori cristiani declinati nel nostro acronimo FIRST. All’ingresso della sede abbiamo scelto di mettere un quadro della Sacra Famiglia in mezzo alle ali di un aereo; questo è il nostro dna. La nostra sfida è quella di creare un’azienda che possa crescere e la vogliamo far diventare in alcuni anni da mezzo miliardo di dollari e per fare questo dobbiamo crescere a livello culturale, mantenendo i valori trasversali. Vogliamo attivare un processo di responsabilizzazione dei manager, che siano in grado di prendere decisioni e di guidare le loro squadre in modo autonomo per non essere sempre accentrati solo su una persona. Noi daremo sempre il nostro imprinting, ma l’azienda dovrà camminare con le proprie gambe perché le persone possono anche cambiare ma le aziende devono rimanere. Questa è una sfida che ci sta impegnando molto a far capire che, prendendo sempre il buono dal passato, il cambiamento è necessario per stare meglio.
Cosa è cambiato in questi tre anni? Quali nuove acquisizioni vi hanno caratterizzato?
Antonio. La prima cosa è la performance, alla fine dobbiamo redigere un bilancio e raggiungere un traguardo. Abbiamo puntato ad un management coeso. Ho dovuto abbattere 8 milioni di magazzino obsoleto che alzava il valore della produzione alterando i nostri bilanci. Il mio sogno non è diverso da quello di papà, stiamo lavorando sul Brand. Non siamo famiglia Baldaccini, ma Umbragroup. La nostra trasformazione è nel valore che vogliamo lasciare sul territorio come stile manageriale e di leadership.
Quanto è importante il cambio generazionale? Quanto la nuova generazione sta dando a questa azienda?
Antonio. Stiamo provando a dare una formazione gestionale che potrà essere utilizzata nel mondo associativo, politico, scolastico. Questo è il nostro obiettivo: trasferire il nostro stile nel mondo. Il cambiamento può mettere paura. Noi stiamo rischiando ma il rischio d’impresa è nella natura dell’imprenditore e ce ne assumiamo la responsabilità per far crescere l’impresa per il benessere di tutti. Siamo passati dal concetto di famiglia a quello di azienda: la famiglia nasconde le problematiche l’azienda le affronta e la svolta culturale è l’unità del gruppo che ci tiene insieme, i valori che il gruppo condivide, il piano industriale che sottoponiamo al Cda, le opportunità che creiamo sul mercato.
Ero al convegno 4.0 ed è emerso quanto per voi sia importante rinnovarsi tecnologicamente, ma con l’uomo che rimane sempre al centro del processo.
Antonio. Ho partecipato al convegno “Imprenditore dell’Anno Mondiale” di Ernst & Young svoltosi a Montecarlo in questi giorni, in cui il messaggio più importante è stato che se manca tecnologia in azienda mancano persone; se parliamo di robot o di artificial intelligence non credo che non sappiamo di cosa stiamo parlando, ma semplicemente che in azienda non ci sono persone in grado di promuovere quelle tecnologie. Nelle aziende che crescono ci sono team che innovano e altre che mantengono. Quindi non significa stravolgere. L’investimento 4.0 sono le donne e gli uomini. Questa è la bellezza dell’innovazione, inserire nuove figure in azienda in particolare femminili che sappiano aprirsi alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
A livello di Umbragroup?
Antonio. Stiamo creando i manuali che permettono un trasferimento delle best practices a livello trasversale; abbiamo preso il modello Toyota per promuovere attività di miglioramento, come la formazione dei leader, perché siamo convinti che i valori del nostro acronimo FIRST siano molto vicini a quelli dell’azienda giapponese. Abbiamo chiesto a Toyota Academy di aiutarci a scrivere l’Umbra Way. L’Umbragroup sta analizzando l’idea d’istituire un’Academy dove formare i leader del futuro capaci di guidare, supportare e valorizzare i propri collaboratori. Dobbiamo capire le aree critiche dell’azienda. Oggi chiudiamo con un consolidato che riporta 167 milioni di euro di fatturato; arrivare a mezzo miliardo comporta una crescita graduale dettata da acquisizioni importanti. L’acquisizione di Serms è solo l’inizio e stiamo analizzando altre due possibilità da completare entro la fine del 2017. Per ora il nostro prossimo obiettivo sono i 200 milioni di euro con acquisizioni nel territorio italiano e americano che per ora non posso anticipare.
Beatrice. È importante aggiungere che come casa madre cerchiamo di sperimentare la best practice qui e poi trasferirla nelle aziende controllate. Diamo il metodo rispettando i localismi e il contesto in cui li portiamo.
Il ruolo specifico di Leonardo?
Beatrice. Leonardo è diventato Amministratore Delegato dell’azienda americana ad ottobre 2016; dopo i suoi studi e gli anni di lavoro in America abbiamo ritenuto che fosse pronto a prendere la guida dell’azienda a Seattle. I primi feedback sono positivi. Ci sono molte sfide da affrontare perché le problematiche aziendali sono completamente diverse dalle nostre: il turnover è alto e quindi dopo averli formati, i collaboratori potrebbero cambiare azienda. Il mercato del lavoro è molto flessibile ed avendo come competitor la Boeing è sempre più difficile trattenere risorse umane, anche se chi oggi sceglie Umbra in America lo fa per fare la differenza. Le persone stanche del loro percorso in grandi multinazionali, in cui non si può incidere in maniera importante su un prodotto o su un processo, trovano invece in Umbra un ambiente dove il contributo personale ha un impatto autentico e importante. Oggi stiamo portando a bordo persone che a livello manageriale sono di valore e che hanno valutato positivamente il Brand Umbra.
Parteciperete al salone Internazionale dell’Aereonautica e dello spazio che si tiene a Parigi dal 19 al 25 giugno?
Antonio. Sicuramente sì, perché è una grossa vetrina e le aziende aerospaziali della nostra regione si presentano unite dando l’immagine dell’Umbria forte, coesa con un indotto elevato e con prodotti di qualità altamente tecnologici. Non solo l’Umbra Cuscinetti ma anche l’OMA, l’NCM, la COMEAR. Insieme ci presentiamo in un palcoscenico importante per le aziende che vivono l’esperienza del polo in un contesto mondiale.
Vi seguiamo con la Gazzetta da anni e vediamo che per il territorio siete un bene comune, operate nel sociale a tanti livelli, finanziate opere pubbliche e per disagiati, vi occupate dalla formazione nelle scuole all’infiorata di Cannara. Quanto state investendo in termini di risorse umane e finanziarie? Quanto il profitto dell’azienda viene condiviso con la collettività?
Antonio e Beatrice. In un anno investiamo circa 300 mila euro, compresa la fondazione Valter Baldaccini, che nasce proprio a sostegno dei disagiati, come voluto da nostro padre e occupiamo i nostri dipendenti in lavori a favore del territorio. Inoltre cerchiamo di far diventare i nostri manager sempre più azionisti, facendo loro assumere il rischio delle decisioni prese. Stiamo creando menti sempre più imprenditoriali che però condividono il profitto con la collettività, perché noi facciamo un bilancio sociale. Abbiamo trasformato lo schema di risultato per tutti i collaboratori creando una coerenza con lo schema dell’MBO (management by objectives – gestione e valutazione degli obiettivi) in modo da focalizzare tutti sugli stessi obiettivi. Il primo obiettivo è EBITDA (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization – utili prima degli interessi, delle imposte, del deprezzamento e degli ammortamenti), che misura la creazione di ricchezza associato ad una crescita sostenibile del fatturato. I nostri sindacati interni si sono formati e i nostri collaboratori sanno di cosa stiamo parlando. Il primo luglio paghiamo il premio di risultato a bilancio certificato semestralmente ed è un passaggio culturale importante senza aver fatto nessuna negoziazione. Tutte le persone che sono in azienda impiegano tempo per il gruppo, vengono pagati il 30% in più di altre aziende. I dipendenti che fino ad oggi hanno acquistato azioni sono 49 dobbiamo però vedere quanti trasformeranno l’MBO in azioni, considerando che tutti conoscono i risultati aziendali e gli utili prodotti.

PAOLA POMPEI

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