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“Morire non è nulla, non vivere è spaventoso”

“Nessuno” è il titolo dello spettacolo teatrale messo in scena dalla Compagnia #SineNomine nelle serate di giovedì 6 e venerdì 7 luglio presso la Casa di Reclusione di Maiano e inserito all’interno della programmazione del Festival dei Due Mondi organizzato dalla città di Spoleto. Circa 1100 gli spettatori che hanno assistito alla rappresentazione nelle due sere, oltre a 400 detenuti cui è stato concesso il permesso di essere presenti allo spettacolo. La compagnia è formata da circa 200 attori, di cui 100 detenuti appartenenti ai circuiti di alta e media sicurezza, iscritti al Liceo Artistico dell’Istituto di Sansi Leonardi Volta. Lo spettacolo è stato diretto dal regista Giorgio Flamini con l’importante collaborazione di Pina Segoni, delle attrici professioniste Sara Ragni e Diletta Masetti, della giovanissima attrice, allieva della scuola di teatro Teodelapio Beatrice Leonardi, dei detenuti attori, drammaturghi, scenografi tra i quali spiccano l’aiuto regia Calogero Rocchetta, Roberto Di Sibbio, Pasquale Marino, Mattia Esposito e Nicola Paciullo, del coro di Spoleto Ad Cantus Ensemble Vocale diretto dal Maestro Francesco Corrias, della soprano Lucia Napoli e dei tecnici della Polizia Penitenziaria.
“Nessuno” si presenta come un rifacimento/riadattamento delle varie Odissee della storia della letteratura, da Omero a Joyce a Kavafis con integrazioni di testi scritti da drammaturghi detenuti e liberi. Il desiderio di tornare all’amata patria Itaca si configura come desiderio sfrenato di tornare alla loro città natia, Napoli: «muoro di questa smania di tornare a Napoli. Ogni sera penso ad Itaca cumm’era penso a Itaca cumm’è». Il detenuto ogni notte sogna la sua “patria” e chiede ogni giorno a Dio, di poter uscire dall’Averno, dall’inferno della carcerazione, cercando simbolicamente di riannodare il filo con il fuori che il reato ha spezzato. Nell’imbuto della cella si amplifica il dolore della lontananza madre-figlio: «quando tornerò ad Itaca mia madre mi riconoscerà?». Indescrivibile la scena in cui ad un Ulisse detenuto viene concesso il permesso di rivedere per pochi attimi l’amata madre, interpretata dall’attrice Loretta Bonamente. Le parole, lo sguardo, le espressioni della madre mettono in luce il suo immenso dolore per il figlio. Così attraverso il riadattamento di importanti e noti passi della letteratura greca, italiana ed europea si delinea lo stato d’animo del carcerato, la sofferenza, la solitudine, la lontananza dalla famiglia, dalla madre, dalla moglie e dai figli. La frase finale dello spettacolo «morire non è nulla, non vivere è spaventoso» è denotativa di questa condizione e anticipa il prossimo lavoro della compagnia incentrato sulle Vittime. Come evidenzia la Prof.ssa Galassi, dirigente scolastico dell’Istituto di Istruzione Superiore Sansi Leonardi Volta “ciascuno degli Ulissi portato in scena è fatto proprio dagli attori protagonisti, e parla di un tratto di esperienza di questi uomini-senza-più-nome, lasciandosi immergere in visioni sceniche di norma espressionisticamente violente, come violenta è l’esperienza, di vita e psicologica, dei protagonisti in scena, che non raccontano che se stessi”.

CELESTE BONUCCI

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