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Educazione e scuola. C’è un grande malessere

Ormai sono episodi ripetuti e di aggressività crescente: insegnanti che si permettono di riprendere studenti dal comportamento non consono e vengono puniti violentemente dai genitori o dagli studenti stessi. Professori denunciati per aver sequestrato un cellulare, picchiati per aver messo una nota disciplinare, sfregiati al viso dai propri alunni. L’ultimo video, scorso recentemente in tv, è agghiacciante. Un professore vittima di minacce a cui si chiede di togliere l’insufficienza, di inginocchiarsi e riconoscere il potere dello studente. C’è un grande malessere, uno stravolgimento di valori e di comportamenti. Genitori sempre più ansiosi: o completamente assenti o esageratamente opprimenti. Tutti vogliono imporre le proprie idee e soprattutto le proprie aspirazioni ed aspettative. Si comincia con il cercare per i propri figli il nido più “in” della città, si costituisce immediatamente una chat di genitori che commentano tutto: dal cibo della mensa, all’esecuzione di lavoretti, al modo di vestire delle insegnanti. Le chat continuano gli anni successivi e si entra in merito su tutto: insegnanti troppo severi-troppo permissivi; troppi compiti-pochi compiti, preferenze, ingiustizie, incomprensioni. Il proprio figlio va sempre difeso a prescindere, è una vittima, un perseguitato, la colpa è sempre degli altri. È venuto meno il principio di autorevolezza, di rispetto del ruolo, di modello educativo positivo. Subire un insuccesso, saperlo accettare, forma la personalità, fa attivare le difese, la voglia di migliorarsi, fa apprezzare ogni piccolo progresso, ogni conquista. Genitori invadenti e maleducati anche nel mondo dello sport: guai a quell’allenatore che tiene un figlio in panchina, a quella maestra di danza che non fa esibire una figlia in prima fila. Tanti genitori hanno perso il senso del limite, del rispetto per i ruoli, hanno perso la capacità di dialogare in profondità con i loro figli, di capirli, di accettarli per come sono, con le loro debolezze, i loro pregi, i loro sogni e i figli si sentono carichi di aspettative, sentono il peso di dover corrispondere a progetti, talora troppo ambiziosi, formulati su di loro. Anni e anni di televisione spazzatura, di modelli volgari, sguaiati, arrivisti, di politica gridata per slogan, di comportamenti inappropriati anche in sedi istituzionali hanno contribuito alla diffusione di questo malcostume. Ogni volta che si contrasta il principio di autorevolezza e di competenza specifica non si riporta una vittoria ma si destabilizza il processo della crescita e l’introiezione di modelli positivi. Non esistono professori, arbitri, allenatori perfetti; non per questo si deve mettere in discussione il ruolo: si deve saper accettare anche il possibile limite umano di chi costituisce un modello. L’insegnante non è un avversario, un giudice rigido, un censore, ma colui che può e deve affiancare la famiglia nel formare il cittadino del domani; i genitori devono avere ben chiaro questo e non giustificare i propri figli quando si comportano male, gravissimo è il danno che ne consegue per i figli stessi.

RITA BARBETTI

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