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La strage infinita

Intervista a Tareke Brhane, presidente del Comitato 3 Ottobre, che da Lampedusa parla della Giornata della Memoria e dell’Accoglienza alla quale hanno partecipato due studenti folignati dell’Istituto tecnico tecnologico L. Da Vinci nell’ambito del progetto “Abbattere muri, costruire ponti” promosso dal Progetto Cittadini del Mondo.

Quella del 3 ottobre 2013 è stata una strage che non poteva essere negata perché avevamo davanti agli occhi i 368 corpi delle persone morte nel naufragio. Ma molti altri morti restano sconosciuti e seppure sia difficile quantificare il reale numero dei migranti annegati da allora nel Mediterraneo possiamo stimarlo in oltre 17.000”.

Lo spiega alla Gazzetta di Foligno Tareke Brhane, presidente del Comitato 3 Ottobre, organizzazione non profit fondata dopo quel drammatico naufragio sulle coste di Lampedusa.

Di origini eritree, Brhane fuggì a 17 anni per evitare la coscrizione a vita che significa violenze, prigionia e morte.

Nel 2005 arrivò in Italia e da allora si impegna a favore di chi, come lui, è stato costretto a rischiare la vita per sfuggire a situazioni drammatiche ricevendo la Medaglia per l’Attivismo Sociale durante il XIV Summit dei Premi Nobel per la Pace del 2014.

Abbiamo raggiunto telefonicamente Brahne grazie alla mediazione del professor Carlo Felice, docente di religione che insieme a Marta Rossi del Progetto Cittadini del Mondo ha accompagnato a Lampedusa Gabriele Mancinello e Simone Carlini, due studenti dell’Istituto tecnico tecnologico ‘Leonardo Da Vinci’ nell’ambito del percorso “Abbattere muri, costruire ponti” promosso dal Progetto Cittadini del Mondo, alla sua seconda edizione.

Brahne qual è la situazione attuale dei flussi migratori nel Mediterraneo dopo la partenza delle ONG dal Mediterraneo Centrale?

Il bilancio dei morti in mare è in drammatico aumento; i migranti restano bloccati nei lager libici subendo violenze disumane oppure fuggono attraverso rotte molto più pericolose rispetto a quelle che li portavano verso l’Italia.

Che significa? Dove puntano ora le navi dei migranti?

Verso rotte decisamente più pericolose come il Sinai, per raggiungere Israele oppure si dirigono verso la Spagna.

In questo contesto e dopo aver ottenuto il riconoscimento da parte dello stato Italiano del 3 ottobre come Giornata della Memoria e dell’Accoglienza, cosa chiede il Comitato che presiede?

Chiediamo l’apertura di canali umanitari per salvare vite umane ma chiediamo anche di semplificare le procedure per il ricongiungimento familiare. Riteniamo inoltre che sia fondamentale sostenere da parte dell’Unione Europea i Paesi di transito ma anche di prendere posizioni chiare – che mancano da dieci anni – con i Paesi dai quali i migranti fuggono.

In questi giorni state lavorando con scuole di tutta Italia e Paesi di tutta Europa attraverso workshop tematici e tavole rotonde. Come sensibilizzare i ragazzi?

Rifiutiamo ogni genere di propaganda e di verità preconfezionata e semplicemente chiediamo di conoscere altre realtà attraverso l’incontro con rifugiati, giornalisti, operatori e anche figure istituzionali e governative. Al termine di questo lavoro chiediamo ai ragazzi cosa pensavano prima e cosa pensano dopo aver scoperto ed interrogato direttamente queste realtà. Auspichiamo di poterci confrontare sempre di più su questi temi con la società civile; vorremmo sempre più scuole e sempre più studenti disposti a dialogare, conoscere e fare domande. Il dialogo è la chiave. Attraverso la conoscenza dell’altro avvengono cose meravigliose e l’apporto dei ragazzi ci dà una ricchezza straordinaria; a questo proposito voglio fare i complimenti a Foligno per i suoi ragazzi e per il fondamentale contributo che stanno portando qui a Lampedusa!

State parlando ai ragazzi di cosa sono e come avvengono le migrazioni anche attraverso le storie di vita raccontate da rifugiati e da migranti sopravvissuti al naufragio del 2013. Ce ne riferisce una su tutte?

Mi viene in mente la storia di un ragazzo eritreo arrivato qui nel 2013 che si è trasferito in Svezia. Dopo aver studiato e seguito un corso di scuola guida lavora oggi un un’azienda statale: si è integrato e in soli 5 anni ha un lavoro e una casa pagando le tasse nel Paese che lo ha accolto, dandogli l’opportunità di una nuova vita.

FEDERICA MENGHINELLA

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