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Falde contaminate in Valle Umbra, la situazione nel Folignate

Viaggio nelle acque sotterranee in Umbria: ben 110 i chilometri quadrati di area contaminata. Nel folignate le maggiori criticità, con falde inquinate da nitrati ma soprattutto da solventi clorurati. Quarantacinque i siti che dovranno essere bonificati nella nostra Regione: a documentarlo un report che sarà ultimato nel 2020.

Sorella Acqua contaminata: nell’Umbria terra di Francesco questa risorsa multo utile et humile et pretiosa è oggi difficile definirla casta, pura, come fece il frate nel 1226 col suo Cantico. È infatti di 110 km quadrati l’area interessata da fenomeni di inquinamento delle acque sotterranee, prevalentemente a causa della presenza di solventi clorurati, per lo più Tetracloroetiolene e Percloroetilene sebbene non manchino sostanze come nitrati, derivanti dalle pratiche agricole.

110 KM QUADRATI E 45 SITI CONTAMINATI

Il dato proviene dal ‘Servizio Indagini ambientali in aree critiche’ dell’ARPA Umbria che ha individuato 45 siti contaminati nella nostra Regione, censiti ed oggetto di studio in questi mesi insieme all’Università Statale di Milano e alla Regione dell’Umbria, al fine di redigere entro l’inizio del 2020 un ‘Piano di inquinamento diffuso’ dal quale partire per bonificare le aree in emergenza. Purtroppo, come documentato ampiamente anche nel Piano di Tutela delle acque 2016-2020 della Regione Umbria, la Valle Umbra è protagonista di una delle situazioni più preoccupanti: particolarmente inquinata perché – spiega alla Gazzetta di Foligno Luca Peruzzi, responsabile del Servizio ‘Indagini ambientali in aree critiche’ ARPA – si tratta di un’area valliva con acquiferi particolarmente permeabili e fortemente antropizzata.

SITUAZIONE CRITICA IN VALLE UMBRA

Un inquinamento che come dimostrano i dati periodici di monitoraggio di Arpa Umbria nel Rapporto Tecnico sul Monitoraggio in discreto acque sotterranee di ottobre 2018 vede tutti i cinque corpi idrici dell’acquifero della Valle Umbra (Petrignano; Assisi-Spello; Foligno; Spoleto; Cannara) a rischio di mancato raggiungimento degli obiettivi di qualità. In occasione dell’ultimo monitoraggio sono stati controllati 57 punti in totale. L’acquifero è soggetto ad elevate pressioni di natura agricola e industriale e questo si riflette nelle elevate concentrazioni di nitrati, superiori al limite nel 50% dei punti rappresentativi di tutti i corpi idrici e nella forte presenza di solventi, soprattutto tetracloroetilene, rinvenuto nel 70% dei punti della rete.

SOLVENTI NELLE FALDE DEL FOLIGNATE

Per il corpo idrico di Foligno sono stati campionati 18 punti. Il principale problema è nella presenza di tetracloroetilene rilevato in 14 punti, sette dei quali con concentrazioni superiori a quelle massime previste dalla normativa. Rinvenuto anche il tricloroetilene in tre punti insieme al tetracloroetene. (Tavola 6).

Ancora una volta confermati gli elevati tenori di ammonio, ferro e manganese nella stazione di monitoraggio di Budino e la contaminazione storica da nitrati in quattro punti Segnalato anche il superamento dei limiti normativi per il cromo in corrispondenza del pozzo denominato TNN53 a Foligno, ubicato fra Sterpete e Sant’Eraclio. (Tavola 6a).

INQUINAMENTO ANCHE A SPELLO E CANNARA

Vale la pena approfondire anche i dati che riguardano il vicino corpo idrico ‘confinato Cannara’ con otto pozzi. Qui le concentrazioni di ammonio, ferro e manganese risultano ben superiori a quelle riscontrate altrove in valle Umbra. Diffusa la presenza di solventi clorurati, soprattutto il tetracloroetene, che contamina sei punti. La massima concentrazione è in corrispondenza del “pozzo Cantone” a Bevagna con tracce di tricloroetilene, carbonio tetracloruro e MTBE. Rilevata anche la presenza di trialometani nel “pozzo Gorghe” a Spello, “verosimilmente dovuta – si legge nel rapporto ARPA – a processi di disinfezione”.

SOLVENTI CLORURATI, UNA MINACCIA PER SALUTE E AMBIENTE

Queste contaminazioni, definite “antiche” dal dottor Peruzzi, risalirebbero per lo più al periodo fra la prima metà degli anni ‘70 e degli anni ‘80; i solventi clorurati penetrano molto facilmente nel sottosuolo, diffondendosi notevolmente. Da qui il concetto di plume o ‘pennacchi’: un acquifero sotterraneo contaminato infatti trasporta le sostanze contaminanti lontano dalla fonte di inquinamento e raggiunge con questi ‘pennacchi’ luoghi anche molto distanti dalla fonte inquinante. I Solventi clorurati più noti sono il cloroformio, il tricloroetilene, il tetracloroetilene, il tetracloruro di carbonio, il tricloroetano. Trovano largo impiego nell’industria chimica, tessile, delle materie plastiche, degli estintori, dei liquidi refrigeranti, nelle operazioni di sgrassaggio e pulitura di metalli, pelli e tessuti. Gli effetti tossici riguardano il fegato, il rene e il sistema nervoso centrale. Il largo utilizzo fatto negli ultimi decenni e gli smaltimenti scorretti hanno causato una notevole diffusione ambientale di questi composti sia nelle acque superficiali sia in quelle sotterranee. Se Foligno, Cannara e anche Spello piangono la Valle Umbra nord non ride, come pure la zona dello spoletino. Ma quanto è grave la situazione? “A Terni – spiegano da Arpa – è entrato in crisi il sistema della distribuzione, con la contaminazione dei pozzi destinati all’uso potabile”.

FOLIGNO: TRE LE AREE MAGGIORMENTE CONTAMINATE

Una situazione per la quale l’Ufficio Ambiente del Comune di Foligno è corso da tempo ai ripari. Qui i ‘pennacchi’ con la maggior concentrazione di inquinanti sono tre e coincidono con il perimetro individuato dall’ordinanza del Comune di Foligno sulla Contaminazione acque di falda del 12 gennaio 2012, ancora vigenteUn plume è nella zona di via Piave, dove è in corso un sistema di messa in sicurezza della falda, finanziato da privati. Il sistema è il cosiddetto pump and treat: le acque contaminate vengono pompate dalle falde attraverso un sistema automatico con filtri a carbone attivo che scompone i composti ed infine scarica l’acqua nella rete fognaria. Una misura non risolutiva ma contenitiva, come spiega ARPA: in questi tre focolai locali occorrerà un intervento con metodi complessi (con l’uso di microorganismi o con il trattamento dei vapori) da pianificare e finanziare a livello regionale.

Secondo plume a Foligno quello corrispondente alla zona di Sterpete e dell’aeroporto dove un’accurata indagine fra Arpa e Provincia non ha finora consentito di identificare con certezza i responsabili della contaminazione. In corso in questo periodo un’ulteriore attività di indagine, finanziata a una ditta esterna, per identificare l’estensione e la dinamica del fenomeno, anche allo scopo di avviare le procedure di bonifica. Alla fine delle indagini, il cui esito dovrebbe essere noto in estate, qualora non venisse individuata la responsabilità dell’inquinamento si procederà alla segnalazione ad ARPA e Regione Umbria, per l’inclusione del sito nel futuro piano di bonifica regionale. Terzo ed ultimo plume a San Giovanni Profiamma dove un privato, individuato come responsabile grazie alle indagini del Comune di Foligno, è in procinto di presentare un programma di bonifica a Regione e ARPA: la bonifica sarà condotta a spese del privato in questione.

EX ECOVERDE, ULTIMO STEP

Ma non è tutto: il Servizio Ambiente del Comune di Foligno ha intrapreso un’intensa attività di monitoraggio e bonifica ambientale anche nel sito ‘Ex Ecoverde’, ormai nella sua ultima fase e ben noto alle cronache locali: tolti i rifiuti nascosti all’interno del Casolare e bonificati quelli affioranti da terra per una fascia di rispetto di 20 metri nella tutela fosso Alveolo, ammonta a oltre 800 mila euro la cifra già impiegata complessivamente per la bonifica. Manca un ultimo, ingente finanziamento per la rimozione dei rifiuti occultati sotto una platea di cemento. Un problema non strettamente connesso alle falde ma sicuramente una notevole criticità ambientale neutralizzata grazie all’impegno del Comune di Foligno.

PER POZZOSECCO INDAGINI IN CORSO

Ulteriore area di indagine di questo periodo è la zona di Pozzosecco a Sant’Eraclio, luogo in cui insisteva una vecchia discarica comunale RSU. Qui i valori riscontrati non sarebbero compatibili con quelli dell’esistenza della discarica; criticità riscontrate a monte del sito farebbero pensare ad una situazione ben più complessa. Da qui un finanziamento per 80.000 euro al fine di individuare ulteriori sorgenti inquinanti. Insomma: una situazione critica, ma che nel Comune di Foligno è sotto stretta osservazione grazie al monitoraggio continuo e alla prospettiva di una bonifica sistematica, nella consapevolezza dell’importanza della tutela del bene più prezioso per la vita umana: l’acqua.

LE SOSTANZE

Il tetracloroetilene (o tetracloroetene o percloroetilene o PCE) è un liquido incolore dall’odore di cloro, più denso dell’acqua, nocivo per inalazione e pericoloso per l’ambiente poiché scarsamente biodegradabile. Viene utilizzato nelle lavanderie a secco, come solvente per lo sgrassaggio dei metalli, nell’industria chimica e farmaceutica, nell’uso domestico. Il composto è classificato come possibile cancerogeno. Il tricloroetilene (o TCE), noto anche col nome di trielina, è un liquido non infiammabile, incolore e dall’odore caratteristico (dolciastro). È considerato un cancerogeno di gruppo 1 (sicuramente cancerogeno per l’uomo). Il carbonio tetracloruro è un composto molto tossico perché capace di innescare reazioni a catena radicaliche che degradano le membrane cellulari. È stato usato in passato negli estintori come liquido di raffreddamento, ma è stato sostituito da altri composti per via della sua tossicità.

Il MTBE o metil-t-butil etere è un composto organico di sintesi impiegato come additivo per la benzina per aumentarne il numero di ottano in sostituzione del piombo tetraetile e del benzeneIl trialometano è dannoso per l’ambiente e l’atmosfera; è considerato cancerogeno. È utilizzato industrialmente come fluido refrigerante. La sua decomposizione comporta il danneggiamento dello strato di ozono. È comunemente utilizzato anche come solvente in chimica organica.L’inquinamento da nitrati deriva in genere da: scarichi di reflui urbani e/o industriali nelle aree per immissione nel terreno, attraverso pozzi o fosse perdenti o per perdite da reti fognarie o da corsi d’acqua in cui si praticano scarichi di reflui non depurati; perdita da discariche; dilavamento delle superfici agricole su cui sono distribuiti fertilizzati azotati, concimi organici e reflui zootecnici.

FEDERICA MENGHINELLA

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