ok - Intervista giocatore d'azzardo

GRATTA E PERDI

Da milionario a povero in canna: ecco la storia del signor Giulio che racconta di aver perso tutto dopo essere caduto nella dipendenza da gioco. Ricerca di emozioni forti e solitudine le cause che oggi lo hanno portato a chiedere aiuto. “Oggi – confessa – ho paura di non farcela”.

Useremo un nome di fantasia per raccontare la storia del signor Giulio, uomo che visse due vite. La prima fatta di successo e ricchezza, la seconda nella solitudine e nell’indigenza a causa del gioco d’azzardo. Una sfrenata passione per i Gratta e Vinci lo ha condotto a bruciare centinaia di euro al giorno per mesi, anni. Fino a chiedere aiuto al Centro di riferimento per il Gioco di Azzardo Patologico di Foligno*. Giulio ha deciso di rilasciare un’intervista in forma anonima al nostro giornale.

Signor Giulio, grazie di aver accettato di raccontarsi. Cominciamo a parlare della sua “prima vita” fatta di responsabilità, lavoro e una situazione economica agiata fuori regione. Come conduceva la sua quotidianità?

Ero in una condizione di assoluta agiatezza economica. Vivevo in una villa del 1700, disponevo di preziosi, gioielli e soldi e dell’assoluta fiducia della persona per la quale svolgevo il lavoro di amministratore. Conoscevo giornalisti, editori, intellettuali e uomini e donne di spettacolo.

Poi cosa è successo?

Ho divorziato da mia moglie per una serie di dolorose vicissitudini. Per questo ed anche per la volontà dei miei genitori – che desideravano terminare la propria vita in casa loro – sono rientrato in Umbria, dove ho ricominciato a vivere una nuova vita iniziando anche un nuovo lavoro.

Non ha voluto “campare di rendita” insomma…

No. Ho sempre pensato che la dignità del vivere fosse nel lavoro, che i lussi inutili non servissero. L’uomo per cui lavoravo diceva sempre: “Signori si nasce, non si diventa” aggiungendo che avrebbe potuto avere una Ferrari e invece andava in giro con una Fiat 127, perché era un persona semplice. Ecco: anche io sono una persona semplice. Anzi, dirò di più: pur avendo disposto di cifre a sei zeri non spendevo nulla. Ironia della sorte: ero “tirchio”!

Tornato in Umbria comincia la sua dipendenza dal gioco. Come?

Prendendo un “grattino” da uno o due euro come tanti. Poi la “sete” passa… Tutto nasce da una specie di sfida: se vinco poco allora posso vincere di più. Ma non è tanto la somma quanto il senso di sfida del gioco che porta alle conseguenze terribili in cui mi trovo. È difficile venirne fuori. Non so come potrò farcela.

Con quale frequenza giocava all’inizio?

Giocavo due o tre euro al giorno al bar, andando a prendere un caffè. Nel corso degli ultimi tre anni ho intensificato sempre di più la somma e la frequenza delle giocate arrivando a perdere fino a sei o settecento euro al giorno.

Cosa prova mentre gioca?

Lì per lì si prova una gioia immensa perché devi sfidare, quello che conta è sfidare la fortuna. Dopo, quando hai giocato e non hai vinto, allora sei depresso. Il gioco crea un’ansia enorme. Quando sei al bancone del bar e chiedi il “grattino” lo vuoi subito, non riesci ad aspettare neanche un minuto: non hai vinto e vuoi subito tentare di nuovo, senza aspettare. Subentra persino la paura che il prossimo tagliando, magari quello vincente, venga acquistato da un altro e allora lo vuoi subito, immediatamente.

Ne prendeva uno alla volta o in pacchetti?

Sì, uno alla volta…! Ultimamente anche dieci alla volta, convinto che fra quei dieci ce ne fosse uno vincente.

Da quanti euro ciascuno?

Dieci o venti euro per ogni Gratta e Vinci, convinto che più costassero, più avessi possibilità di vittoria. Poi, quando capitava di vincere, mi dicevo: “Ora mi sono sistemato, basta”. Passati un giorno o due ricominciavo.

A quanto ammonta la sua vincita massima (singola) in questi anni di gioco?

Al massimo ho vinto duemila euro.

Quanto denaro pensa di aver giocato in tutto?

Penso più di duecentomila euro.

Qual era l’atteggiamento di chi glieli vendeva?

Tanti di quelli che vendono i ‘grattini’ erano contenti perché più ne vendono e più guadagnano. Di certo non scoraggiano. Credo si dovrebbe mettere un limite: quando una persona va in una tabaccheria o in un ambiente in cui vendono i ‘grattini’, più di tre per ogni giocatore non dovrebbero darne. Invece ci sono giocatori che comperano pacchetti da 200 euro di dieci tagliandi da venti euro ciascuno.

Mentre giocava ha conosciuto altri giocatori come lei?

Sì. Molti con la pensione comprano un blocchetto intero di Gratta e Vinci.

E poi come si mangia fino alla fine del mese?

Non arrivi mai perché perdi sempre. Non sei mai in guadagno.

Dunque lei ha ed aveva questa consapevolezza.

Sì. Però lì per lì quell’ansia, quella sfida… ti trascina. È la vincita enorme che ti attrae e ti dà lo stimolo. I simboletti da scoprire, la curiosità… fanno perdere la lucidità. Ma tutto passa subito. Poi ti penti. Solo quando hai finito i soldi rinsavisci temporaneamente e ti chiedi: “Ma cosa ho fatto?”, ed è troppo tardi. Questo gioco crea un’ansia da dipendenza dalla quale non so se è possibile guarire. Io sto percorrendo una via di cura ma penso che occorrerà ricoverarmi in una clinica altrimenti… non ce la farò.

Impressiona sentirla parlare così lucidamente di questa malattia. Come cambia la percezione della vita, del tempo, della famiglia?

Non mi parli della vita perché è un casino. Perché per me il gioco è l’unica fonte di soddisfazione.

Ruota tutto intorno a questo?

Sì.

Però lei è lucido quando mi dice queste cose, quindi lei ha la consapevolezza di ciò che vive.

Sì, perché sono pentito di quello che faccio.

Quando è arrivato il momento in cui ha chiesto aiuto?

Sono arrivato al momento drammatico in cui non avevo più nulla. Solo la mia disperazione. Quando non hai riscaldamento in casa né benzina per l’auto… Sono stati momenti bruttissimi. Finché hai business trovi amici, affetto, tutto. Quando sei solo le porte si chiudono.

Oltre all’ebbrezza dello scommettere ha avuto un ruolo anche la solitudine?

Sì, la solitudine sempre. In più dopo ho avuto delle persone che si sono approfittate di me sapendo che ero in questa situazione.

In che modo?

Sapevano che avevo bisogno del gioco, non avevo liquidità e mi hanno chiesto di vendere i preziosi di cui disponevo: quadri, gioielli antiquariato. Provavo vergogna per i debiti che avevo. Avevo da pagare delle cose e ho dovuto dare via della roba preziosissima a pochi euro. La cosa più vergognosa per me è quella di non poter essere un buon pagatore verso lo Stato.

Dalla dipendenza si sono scatenate delle forze non proprio favorevoli…

Un’ansia peggio della depressione, mi ci viene la tachicardia mentre gratto. Una cosa incredibile. Ho chiesto aiuto, non ricordo il giorno, ma sentivo di andare fuori di testa per l’ansia e la mancanza di soldi. Ho vissuto mesi bruttissimi nell’indigenza. Ho chiesto aiuto a delle persone che i soldi me li hanno dati, ma li ho pagati con gli interessi.

Parla di usura?

Sì. Ho pagato con gli interessi. Alti. Non ricordo di preciso quanto ho chiesto. Ma ci sono arrivato attraverso un passaparola nei bar o con gli amici.

Ora sta seguendo un percorso non facile e c’è anche la questione della gestione finanziaria del dissesto in cui versa, gestita da Federconsumatori Umbria.

Sì, mi hanno aiutato e mi stanno aiutando tanto. Non ho mai aperto le lettere che mi inviavano le banche. Solo negli ultimi giorni. Prima pensavo: “Tanto i soldi in banca ce li ho, quando serve qualcosa prelevo”. Avevo quattro carte di credito, tra cui una ‘gold’, tutte progressivamente bloccate.

Le capita ancora adesso di giocare?

Sì, sì.

C’è stato un momento in cui ha avuto paura di non poter tornare indietro?

Ce l’ho. Per questo ho chiesto di essere ricoverato. Da solo è difficile. Quando mi sveglio non ci penso, poi esco e vedo un bar, vedo i “grattini”… ed ecco fatto. Perché il Governo scrive sui pacchetti di sigarette che il fumo fa male e sui Gratta e Vinci, che sono uguali, anzi peggio, no? Rovinano tantissime famiglie, quanta gente vedo sul lastrico! Quante donne ci giocano! Credo siano più degli uomini a giocarsi la pensione.

Cosa vuol dire a chi è dipendente dal gioco e alla sua famiglia?

È difficile venirne fuori, non ce la possiamo fare da soli. Almeno per quanto mi riguarda. Chiudo esprimendo un grande desiderio. Vorrei che lo Stato cancellasse questo genere di giochi di azzardo perché si rende responsabile di tanto sfacelo. È lo Stato la causa della mia rovina. Perché non si può eliminare il gioco d’azzardo? Io ho cominciato senza neanche pensarci. Se la vincita massima fosse di cento euro nessuno sarebbe più dipendente dai ‘grattini’: sono le mega vincite a condurre alla dipendenza, a dare l’illusione di una vincita che non arriverà mai.

*Centro regionale per il Gioco d’Azzardo Patologico di Foligno

Numero verde 800.410.902 (dal lunedì al venerdì ore 10- 12; 16-19)

FEDERICA MENGHINELLA

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