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Rom e Sinti a Sant’Eraclio: quale sgombero?

I nomadi scrivono a Mattarella: “Porte sbarrate”. Eppure in passato rifiutarono le case popolari assegnate dal Comune di Foligno. L’assessore Maura Franquillo: “Con loro siamo sempre stati disponibili al dialogo”.

Foligno, partito lo sgombero al campo Rom”; “Ruspe al campo Rom di Foligno, al via le operazioni di sgombero”; “Sgombero Sinti Foligno, Rom chiedono incontro”: sulla vicenda del campo Rom di Sant’Eraclio sembra non ci sia nulla da aggiungere. Eppure a Sant’Eraclio non è avvenuto alcuno sgombero. Dal vocabolario Treccani: sgomberare ovvero “evacuare completamente un luogo”; “Allontanare da una località le persone che vi abitano”. Al campo Rom di Sant’Eraclio nessuno sgombero, semmai l’abbattimento di capanne e costruzioni in muratura abusive, locali di servizio dove i Rom non abitavano e che usavano per ricoverare la lavatrice e altri oggetti ma comunque non essenziali per la loro residenza. I manufatti abusivi (capanne e platee di cemento sulle quali poggiavano le case mobili) sono stati rasi al suolo mercoledì scorso 20 marzo dando seguito ad una delibera del Consiglio Comunale di Foligno dello scorso anno, mai applicata dai diretti interessati, che chiedeva l’immediato abbattimento delle strutture abusive e il ripristino della legalità.

Nel campo fino a mercoledì scorso vivevano sedici persone, tutte seguite da tempo – spiega l’assessore ai Servizi Sociali Maura Franquillo – e ascoltate nel corso di numerosi incontri. Tre di loro – padre, madre e figlioletto – due mesi fa hanno ottenuto una casa popolare seguendo regolare procedura e solo la scorsa settimana, anche su sollecitazione dei Servizi Sociali, hanno deciso di stabilirsi nell’appartamento. Alle restanti 13 (tutte adulte) sono state offerte case popolari a Colfiorito ed Annifo: appartamenti nella disponibilità del Comune di Foligno e fuori dalla graduatoria delle case popolari. Rifiutate queste soluzioni i Rom continuano a vivere nel campo di loro proprietà, dentro le proprie roulotte. Da evidenziare come i Servizi Sociali del Comune di Foligno in passato avessero suggerito loro di fare richiesta per alloggi di edilizia popolare: accolte le richieste ed assegnate le case a Foligno (e non nella montagna) una famiglia le aveva abitate per 15 giorni, mentre un’altra non è mai entrata nell’appartamento. Non può allora non stupire che la comunità Rom dopo gli abbattimenti delle baracche abusive abbia inviato un appello al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella attraverso il Consiglio Nazionale Rom Sinti Camminanti. Dove tra l’altro si legge: “…Siamo stati additati come ladri, truffatori ed ancora altro. Come lei sa sig. Presidente in ogni cesta di mele ce ne può essere una marcia ed è giusto toglierla ma non per questo tutte le altre devono marcire… Abbiamo bussato alla porta degli organi competenti… ma ogni volta abbiamo trovato la porta sbarrata senza neanche poter essere ascoltati…. Lei è l’unica persona che possa fermare questo obbrobrio innaturale perpetrato verso cittadini italiani che vogliono vivere liberi e nella legalità. Chiediamo di essere ascoltati come tutti gli altri cittadini. Ringraziandola confidiamo in lei”. Passaggi in evidente contrasto con la realtà: a Foligno la loro situazione è stata oggetto di incontri e tavoli oltre che di offerte di dignità e legalità. A queste condizioni quale integrazione è possibile?

FEDERICA MENGHINELLA

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