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Omar Galliani al Ciac: un messaggio da Foligno

La bellissima mostra di Omar Galliani (18 aprile-13 ottobre 2019) rende esplicite due risposte sulla fondamentale funzione del Centro Italiano di Arte Contemporanea (Ciac) di Foligno. E, accanto alle risposte, la stessa mostra sollecita immediatamente altre due riflessioni di più ampio respiro. Dunque, le opere di Galliani. È difficile rimanere insensibili di fronte al fortissimo impatto estetico ed emotivo delle grandi tavole, spesso su legno di pioppo, così finemente lavorate con grafite nera e tratti di rosso fuoco. Se il titolo della mostra, curata da Italo Tomassoni, è “Il Corpo del Disegno”, esso può implicitamente costituire un invito al suo capovolgimento nel “Disegno del Corpo”. Perché di questo si occupa la magia di Galliani, docente di pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, e ospite degli appuntamenti d’arte più prestigiosi nel mondo (Venezia, S. Paolo del Brasile, Parigi, Tokio, Cina): di meravigliose immagini di donna, come pure di riletture anatomiche del corpo umano e non solo. Un vero maestro, insomma.

Poi, gustando la mostra, il visitatore scopre, quasi improvvisamente, quanto sia bello il Ciac. Anzi, per dirla con le parole dello stesso Galliani, solo il Ciac, con i suoi ampi spazi e la sua luminosità, si rivela perfetto per ospitare e valorizzare al massimo opere di una certa rilevanza. Certo, in futuro si potrebbe lavorare di più nel rendere mobile qualche parete interna e migliorare l’acustica, ma già adesso il rapporto tra spazi vuoti e spazi pieni appare decisamente armonico. In questo senso il Ciac, avviato a possedere una collezione preziosa di arte contemporanea, è un importante bene comune.

Quanto alle riflessioni indotte da questa doppia esperienza, la prima riguarda il rapporto tra Foligno e il Ciac. Sul Centro circolano commenti malevoli sullo snobismo autoreferenziale di Tomassoni e sull’impegno totalizzante di Partenzi, accusati talvolta di perseguire più pragmatici interessi personali (in scambi e accreditamenti presso il mondo dell’arte). Sarà pur vero, ma poco si considerano i vantaggi che la città trae dall’iperattivismo dei due, dalle loro relazioni personali che si traducono in straordinari stimoli culturali, altrimenti e inevitabilmente destinati ad altre piazze. I nuovi amministratori che subentreranno nella Fondazione Cassa di Risparmio e nel Comune di Foligno farebbero bene a non sottovalutare il ruolo fondamentale del Ciac nel sensibilizzare la città sull’arte contemporanea e sulla creatività in generale.

L’ultima riflessione riguarda il rapporto tra Foligno e l’Umbria circa i centri culturali. Sull’arte contemporanea, essendo in evidente declino la primazia di Spoleto e circoscritto al pur grandissimo Museo Burri il ruolo di Città di Castello (che cerca affannosamente e senza successo di realizzare da anni un Centro Studi sull’Arte Contemporanea), il Ciac di Foligno è ormai la più bella e funzionale realtà regionale. E per quanto l’eccellente Maria Cristina De Angelis si impegni ad organizzare mostre sul contemporaneo, come l’ultima Unforgettable Umbria, per la Fondazione CariPerugia Arte, Perugia arriva pur sempre terza o quarta in materia. Da qui, una semplice domanda: dobbiamo continuare a restare una regione dalle mille mostrine, una per ogni campanile, o non è il caso di riconoscere istituzionalmente il compito di svolgere una funzione specializzata di tipo generale a chi tale ruolo svolge già al meglio?

ROBERTO SEGATORI

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