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Falchetti e piccioni

Intorno a lui c’era molto interesse, non ancora da parte dei piccioni ma dei tifosi del Foligno Calcio, che comunque con i pennuti hanno sempre avuto a che fare. Quando arrivò in città, non ricordo che anno fosse, mio padre era presidente della squadra militante in serie D. Fu acquistato dal Siracusa sebbene sua patria fosse la Marca Trevigiana. In quei tempi, a fine partita, ero ammesso all’interno dello spogliatoio che profumava di olio canforato. Sentivo i calciatori pronunciare parole sanguigne, talora truculente e smargiasse sotto gli sguardi divertiti di Enzo Blasone, del custode del Comunale Leandro Cantoni, del medico sociale Mario Megni e del giornalista Ermanno Benedetti. Lui, il fenomeno dai piedi felpati – giunto a Foligno previa sottoscrizione di un cambialone (manco fosse stato Ronaldo) – indirizzava frasi incomprensibili ai tifosi in stretto dialetto veneto, con la promessa mai avverata di fare sfracelli delle difese avversarie. Oggi, quando lo incontro in bicicletta lo apostrofo così: “A momenti faccio gol”. Lui mi sorride con modi così gentili da far pensare all’affabilità di un deputato, prima d’esser subissato da un famelico stormo di piccioni.

GIOVANNI PICUTI

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