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Via Nazzaro Saro

S’era a Porta Romana, all’interno di una libreria, manco a dire all’interno di un negozio di saponi che negli anni leggendari fu epicentro dell’ecumene. Uno che aveva l’aria di esser sceso dal treno mi domanda: “Scusi, sa dov’è via Nazzaro Saro?”. Sbarro gli occhi, raccolgo le idee e gli rispondo: “Vuole dire via Nazario Sauro”. Lui mi guarda esitante, poi fa cenno che forse è così. Lo accompagno alla porta indicandogli la seconda a destra. Tutto origliava un’ilare principessa dei casi altrui, matura frequentatrice dei tinelli culturali della città. Con un sorrisetto d’intesa – manifestando un’incrollabile infallibilità – mi dice: “Ha storpiato il nome della via, si vede che non è di Foligno”. Poi mi mostra l’ultimo celebrato libro di un mediocre autore, chiedendomi se l’ho già letto. Mentendo le dico di sì, ché al giorno d’oggi non c’è di meglio di un libro come quello per erudirsi sulla toponomastica di matrice irredentista. La signora, incupisce lo sguardo, poi s’abbandona ad un definitivo segno d’assenso. Meglio, di ammiccante complicità.

GIOVANNI PICUTI

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