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Il virus dello sciacallaggio

“ …Noi fummo i Gattopardi, quelli che ci sostituiranno saranno iene e sciacalletti…” scriveva Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo;  una frase profetica ben oltre le pagine del libro. L’attuale pandemia fa ritornare alla mente anche la peste del 1630 e come il Manzoni descrive gli sciacalli: “… quelli che ad arte gonfiano le paure irrazionali e ridicolizzano il senno.

Ebbene con il Covid 19 stiamo assistendo a “forme diversificate di sciacallaggio”. Allo sciacallaggio politico siamo da tempo abituati ma, al momento, la polemica a ogni costo, il populismo, fatto per creare tensione e rabbia, non interessa più, anzi, mutuando una frase di Antonio Padellaro, “quella robetta lì è finita”.  Insomma abbiamo cose più gravi a cui pensare.

E che dire dell’ “informazione”? È certamente difficile tenere la giusta distanza, quando si è chiamati a raccontare tragedie. Tuttavia ciò non può giustificare la morbosità, l’ossessione e il linguaggio a cui sono ricorse alcune testate giornalistiche, i titoloni, le iperboli linguistiche, la sovrabbondanza di emozioni che, talvolta, sovrastano i fatti. Tutto questo non è giornalismo. 

Per avere informazioni corrette è meglio far riferimento alle cd “fonti ufficiali”, lasciando perdere, per una volta, le teorie complottistiche: “tanto non ci dicono la verità.”. Cantava Giorgio Gaber in C’è un’aria: “Lasciateci almeno l’ignoranza / che è molto meglio / della vostra idea di conoscenza / che quasi fatalmente / chi ama troppo l’informazione / oltre a non sapere niente / è anche più coglione”. Anche in questo caso, quasi una profezia, cinica e spietata.

Per i “tuttologi da tastiera” non vale neppure la pena spenderci parole. Per chi invece, di fronte ad una tragedia simile, cerca di trarne profitto (accaparramento di cibo, di presidi, in primis le mascherine – da rivendere a prezzi maggiorati -), ebbene in questi casi deve intervenire la magistratura: la condanna non deve essere “morale” ma “penale”.  

C’è invece un’altra forma di sciacallaggio che merita particolare attenzione e che va condannata (come si usa dire) “senza se e senza ma”. Tutti gli operatori sanitari sono stati descritti come coloro che stanno in trincea, in prima linea, che mettono a repentaglio la loro vita (e quella dei loro cari) per curare chi ne ha bisogno.

Tutto vero (tralasciando i termini bellici), lunga è la lista dei medici deceduti per l’epidemia di Covid-19 . Papa Francesco nell’intervento di venerdì 3 aprile, al TG1, ha detto: “Ho presente la generosità di chi si espone per la cura di questa pandemia o per garantire i servizi essenziali. Quanti eroi, di tutti i giorni, di tutte le ore!” 

Parole che gli italiani condividono.

Che dire allora di quanti promettono facili risarcimenti, invitando i parenti dei deceduti a promuovere cause contro il personale sanitario? Si potrebbe rispondere con le parole di Indro Montanelli: “Preferiamo le zanne delle belve alla bava degli sciacalli

Il Consiglio Nazionale Forense, chiamato in causa dall’Ordine dei Medici, ha adottato una delibera che condanna “fermamente ogni comportamento in qualsiasi modo o forma espresso che miri a profittare professionalmente dell’attuale situazione emergenziale” ed invita tutti i Consigli dell’Ordine degli Avvocati “a vigilare in modo particolarmente attento sulla condotta dei propri iscritti, sotto il profilo della eventuale violazione delle regole deontologiche e a prontamente denunciare i comportamenti dei propri iscritti che tali deplorevoli iniziative hanno assunto o abbiano ad assumere…”. Lo stesso Consiglio invita altresì i “Consigli Distrettuali di Disciplina Forense a perseguire comportamenti che ledono la dignità, l’onore e il decoro dell’Avvocatura con messaggi, in qualsiasi forma espressi, contrari ai doveri di corretta informazione e/o finalizzati all’accaparramento di clientela”. Non c’è altro da aggiungere.  

Avv. STEFANIA FILIPPONI

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