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I Canapè, l’anima di Foligno

“Con l’inizio dell’estate la popolazione di Foligno saluta una simpatica realizzazione che al decoro e alla salute cittadina ha silenziosamente apprestato l’autorità comunale”. La prosa è quella inconfondibile di don Angelo Messini, prelato folignate d’inizio secolo con la passione per la storia e per l’arte. Le sue parole ci introducono in quello che è senza dubbio uno dei luoghi tanto cari ai folignati, il Parco dei Canapè. Il polmone verde de ”lu centru de lu munnu” prende i folignati per mano fin dall’infanzia, con le scorribande in bicicletta, li segue giovani scambiarsi promesse d’amore sulle panchine e, infine, li conduce fino alla vecchiaia, quando alleggeriscono il peso degli anni appoggiandosi comodamente su quei sedili, i Canapè appunto.

Il parco è dunque un pezzo di storia e custode geloso delle più care tradizioni. Ma anche di curiosità e di storie, anche drammatiche, raccolte e pubblicate da don Angelo nell’estate del 1939, XVII dell’Era Fascista, come si diceva allora. Il “nostro pubblico giardino” si trova a mezzogiorno della città addossato alle mura tra Porta Romana e Porta S. Maria o Todi. Il parco confinava con il Monastero dei Monaci Neri, il Monastero delle Claris- se di Santa Caterina, fondato da San Francesco, e con due torri a breve distanza l’una dall’altra: la prima detta Torrione del Cassero, della quale non vi è più traccia, e l’altra, trasformata in caffè, detta “La Montanara”. L’elevazione del terreno non è naturale e si ottenne “grazie” all’accumulo dei materiali di scarico che i folignati del XVI secolo erano soliti abbandonare in questa parte della città almeno fino al 1641 con il divieto imposto dal Consiglio. La genesi spirituale dei Canapè viene individuata da don Angelo nel desiderio dei letterati del tempo di uscire all’aria aperta…

di MAURO SILVESTRI

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