Renato Campana tredici anni dopo

Caro direttore,
quando mi hai confidato di avere di Renato Campana solo un tenue ricordo, lo devi semplicemente alla tua giovane età, ma essere giovane non è mai stata una colpa. Ho accolto quindi di buon grado il tuo invito a ricordare sulla “Gazzetta di Foligno” il compianto Renato per una serie di ragioni.
La prima sta nel fatto che richiamare alla memoria un amico e un collega come lui, scomparso troppo presto, mi dà l’illusione di riportalo per un po’ in vita.
In secondo luogo, e questo spero sia utile a te e ai lettori, perché parlare di lui ci permette anche di lanciare uno sguardo sulla società folignate di oltre 40 anni fa e sul modo di fare giornalismo in quel tempo, senza l’au- silio delle moderne tecnologie. Cioè, niente telefono cellulare, computer, internet, posta elettronica, fax e fotocopiatrice. Non eravamo nel medioevo, ma semplicemente alla metà degli anni Settanta e quella era la nostra normalità. Ognuno di noi, Renato compreso, operava quotidianamente “armato” di taccuino e penna, agendina, macchina foto- grafica con rullini, macchina da scrivere, telefono da tavolo o cabina telefonica a gettoni. Per farti un’idea di quel mondo scomparso (per carità, niente nostalgia!) ti invito a vedere il film “Chiamami aquila” del 1981, dove il giovane e coraggioso giornalista interpretato da John Belushi, scomparso anche lui giovanissimo, si muoveva nella sua Chicago, proprio come Renato Campana a Foligno, impavido e noncurante dei molti tentativi di alcuni esponenti politici cittadini di limitarne in qualche modo l’azione.
Renato mi confidò un giorno che nei confronti del potere politico bisognasse essere sempre un po’ irriverenti, altrimenti si rischiava di diventarne lo zerbino…

di ROBERTO TESTA

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