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All’asta il Casino dell’Aurora

La proprietà, il cui valore è stimato in 471 milioni di euro, conserva al suo interno opere di Caravaggio e di Guercino ma anche la raffigurazione di “Eros e Anteros” proveniente da palazzo Trinci 

L’informazione nazionale ed internazionale sta dando molto risalto a quella che già viene chiamata l’asta del secolo. Il 19 gennaio prossimo il Casino dell’Aurora Boncompagni-Ludovisi a Roma andrà infatti all’asta. Le vicende ereditarie seguite alla scomparsa del principe Nicolò Boncompagni-Ludovisi nel 2018 hanno condotto alla vendita della proprietà, che è stata stimata in 471 milioni di euro. Ventimila indirizzi di posta elettronica, che fanno riferimento alle persone più facoltose del mondo e alle più esclusive società di intermediazione immobiliare, hanno ricevuto l’invito alla partecipazione. Definito il valore dell’acquisizione, lo Stato italiano potrà far valere il diritto di prelazione. A fine Cinquecento il Casino dell’Aurora apparteneva al cardinale Francesco Maria del Monte, che intorno al 1597 fece decorare a Caravaggio la volta del Camerino dell’Alchimia. L’unico suo dipinto murale: Gli Elementi e l’Universo. Giove (l’aria), Plutone (la terra) e Nettuno (l’acqua), i figli di Cro- nos, unitamente ai loro attributi simbolici (l’aquila, il cane Cerbero, il cavallo marino dalle pinne grigie) ruotano intorno ad una sfera celeste costellata dai segni dello zodiaco con l’aggiunta di due corpi luminosi, il Sole e la Terra (o la Luna). Un’allegoria del processo alchemico, che rappresenta la trasformazione della materia nei tre sta- ti fondamentali, solido, liquido e gassoso.

Dopo Caravaggio arrivò nel 1621 anche il Guercino, che al piano terra del casino decorò, tra l’altro, la volta del salone con la raffigurazione del Carro dell’Aurora, dando così il nome all’edificio, e al piano superiore illustrò La Fama. Nel XVII secolo il Casino dell’Aurora venne inglobato nella villa che il cardinale Ludovico Ludovisi volle edificare all’interno di un’area di trenta ettari. Una delle meraviglie di Roma. Nel 1885 la villa venne demolita e il terreno lottizzato. Rimase solo il casino che ora viene messo all’asta. Dal salone dell’Aurora si accede allo studiolo del principe, in cui è stato murato un rilievo romano del I secolo con la raffigurazione di Eros e Anteros, i due amorini che sostengono la faretra contenente le frecce (B. Palma, 1983). Ebbene, quest’opera proviene proprio da palazzo Trinci di Foligno. Tutto ebbe inizio a partire dal 10 ottobre 1616, quando Fabio Pontano, che ricopriva nella città il ruolo di maestro di scuola, ven- ne incaricato dal Consiglio di raccogliere lapides et alia in quibus apparire posset antichitatem seu vetustatem civitatis nostrae. Una committenza pubblica ufficiale, che attesta la sensibilità degli amministratori verso la storia della città. Tale preziosissimo documento segna, inoltre, una pagina importantissima per quel gusto dell’antico che prepara al bisogno della conoscenza, della tutela e della protezione museale. Avranno messo fretta i signori priori della città al nostro solerte e puntigliosissimo ricercatore di antichità? Sembra di sì, perché nel 1918 vennero pubblicate due edizioni diverse del suo fortunatissimo Discorso sopra l’antichità della città de Foligno… (…)

Di PIERO LAI

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