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Che fine fanno le relazioni

La pandemia ha interrotto la vita sociale soprattutto degli anziani e i numeri ne sono una testimonianza: nei centri sociali partecipazione giù del 60% e anche la mancanza di tradizioni ha portato a un inesorabile isolamento

“La risocializzazione nella terza età è un tema importante. Gli anziani hanno pagato un prezzo molto alto nella pandemia e per trovare soluzioni e percorsi di ritorno alla socialità, la collaborazione con il terzo settore e il mondo delle associazioni può essere uno strumento vincente”. Era il 20 aprile scorso e il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando, insieme al titolare alla Salute, Roberto Speranza, e al colonnello Giuseppe Algeri, in rappresentanza della struttura commissariale per l’emergenza Covid-19, incontrava le associazioni per affrontare il tema della ripresa delle relazioni tra le fasce più anziane della popolazione superata la fase critica della pandemia. Da allora sono trascorsi ormai otto mesi, la campagna di vaccinazione procede spedita tra gli uomini e le donne che hanno superato i 70 anni d’età, eppure in Umbria c’è ancora un po’ di timore nel riprendere le attività di socializzazione pre-Covid. Lo sanno bene i 26 centri sociali del Folignate – che rappresentano un terzo di quelli distribuiti su tutto il territorio regionale – che nel 2021, nonostante le aperture concesse, hanno subito un calo della partecipazione del 60% ed una riduzione del 50% del tesseramento. “Nonostante siano luoghi tranquilli – commenta il presidente Ancescao (Associazione nazionale centri sociali, comitati anziani e orti) del comprensorio folignate, Claudio Barbanera – c’è ancora molta reticenza, soprattutto da parte delle famiglie degli anziani, che manifestano così la loro preoccupazione nel far riprendere ai propri cari questo tipo di attività”. Numeri alla mano, mentre prima della pandemia si contavano tra i 6mila e i 7mila tesserati nei comuni della zona sociale 8 (Foligno, Bevagna, Gualdo Cattaneo, Montefalco, Nocera Umbra, Sellano, Spello, Trevi e Valtopina), a cui vanno aggiunti Assisi, Cannara e Norcia, attualmente il dato oscilla tra i 3.500 e i 3.700. Come detto, un calo netto, che aveva iniziato a far sentire i propri effetti nel 2020, quando cioè la pandemia aveva fatto capolino per la prima volta, e che si è poi protratto anche l’anno successivo. Nonostante, dunque, sia grande il senso di solitudine che da più parti viene denunciato, soprattutto quando si parla di anziani, la paura del Covid risulta ancora più forte. E così, a rischio c’è oggi, non solo il benessere di questa fascia di popolazione, ma anche il futuro di realtà come i centri sociali che negli anni hanno sempre rappresentato un presidio imprescindibile per la socializzazione di chi si trova a vivere la terza età, con i suoi pregi e i suoi difetti. Diminuendo, infatti, il numero dei soci, a venir meno è stato anche il contributo economico che deriva dal tesseramento. Di fatto, una delle poche entrate dei centri sociali, insieme al Fondo sociale regionale che nel comprensorio folignate ammonta complessivamente a circa 12mila euro. “Soldi che – prosegue Claudio Barbanera – servono per far fronte alle spese vive di ciascuna sede”.

Di MARIA TRIPEPI

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