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Pandemia, cancro e sanità. Biancifiori: “Basta orticelli sotto casa”

Intervista alla portavoce dell’osservatorio “Inseme! Umbria contro il cancro”, la lega delle associazioni oncologiche regionali. Fra diagnosi tardive e difficoltà di accesso alle cure, l’imperativo è riorganizzazione ed efficientamento. “Bisogna andare oltre i personalismi e le politiche di campanile”

“Impatto della pandemia sulla prevenzione e cure delle neoplasie in Umbria”: questo il titolo del convegno che, sabato 2 aprile a Foligno (Sala Alesini dell’ospedale ore 9), sarà un importante momento di confronto sul tema oncologico in Umbria. A partecipare i dirigenti e i professionisti della sanità regionale. Un convegno voluto dalle dodici associazioni che si occupano di oncologia in Umbria riunite in un importante osservatorio, la rete “Insieme! Umbria contro il cancro”. Abbiamo intervistato la presidente dell’osservatorio, Anna Maria Biancifiori, su criticità e opportunità.

La pandemia ha significativamente influito sul sistema di diagnosi. Lo conferma?
“Sì, è così. Ha tardato la diagnosi primaria perché i tempi sono stati ovviamente prolungati e rinviati, in quanto gli ospedali come prime prestazioni, esami strumentali ed esami ad alta specialità sono stati chiusi per tutti i periodi di alto Covid, nei picchi dei ricoveri”

Questa “epidemia” oncologica la state osservando?
“Si, abbiamo molte segnalazioni. Nonostante ciò dobbiamo ricordare che gli oncologi, gli infermieri e tutti gli specialisti, si sono prodigati tramite telefono (quando potevamo accogliere un numero limitato di pazienti) e le cure sono andate avanti. Ma i follow-up e le prime diagnosi hanno subito inevitabilmente una battuta di arresto. Ci siamo dedicati principalmente agli acuti e ai programmati per chemio e radio. L’oncologico di fatto non si è mai fermato, ma abbiamo lavorato con meno utenza e meno possibilità di primi accessi”

C’è poi l’eterno problema dell’accesso alle cure.
“Avere dati in questo periodo è un po’ complicato. Devo dire che abbiamo provato a chiederli anche in maniera ufficiale, visto che un decreto ce lo permette; ovviamente si è data priorità all’emergenza e al riassetto del dopo emergenza e quindi viene meno anche il dato su cui si potrebbe ragionare. Ma basta andare al Cup e chiedere la prenotazione di un esame strumentale: i tempi sono lunghi. Ci si viene incontro con delle priorità, quasi sempre rispettate, ma non è sufficiente; la richiesta di esami inappropriati non aiuta” 

Quanto hanno pesato i disagi organizzativi? I turn over apicali da un lato e la mancanza di primariati dall’altro? 
“Questo è un grande problema, anche perché il cambio continuo di direzioni, in particolare per l’azienda perugina, non ha permesso di portare a termine la progettualità: con i passaggi di consegne e il tempo di rendersi conto delle priorità, quando si era pronti per essere operativi di fatto è decaduto il mandato. Questo è stato un grosso problema. Come il mancato rinnovo dei primari, con tanti professionisti che si sono licenziati, forse perché stanchi e perché hanno potuto interloquire poco con le istituzioni. Dall’Umbria abbiamo ceduto grandissime professionalità ad altre regioni. Su questo occorre una riflessione. Avere un’apicalità importante stimola i gruppi di lavoro, ed è di richiamo…

Di FEDERICA MENGHINELLA

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