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Primo maggio, il messaggio dei vescovi italiani: “Riportare al centro del lavoro la persona”

Viviamo una stagione complessa, segnata ancora dagli effetti della pandemia e dalla guerra in Ucraina, in cui il lavoro continua a preoccupare la società civile e le famiglie e impegna ad un discernimento che si traduca in proposte di solidarietà e di tutela delle situazioni di maggiore precarietà. Le conseguenze della crisi economica gravano sulle spalle dei giovani, del- le donne, dei disoccupati, dei precari, in un contesto in cui alle difficoltà strutturali si aggiunge un peggioramento della qualità del lavoro. La Chiesa che è in Italia non può distogliere lo sguardo dai contesti di elevato rischio per la salute e per la stessa vita alle quali sono esposti tanti lavoratori. I tanti, troppi, morti sul lavoro ce lo ricordano ogni giorno. È in discussione il valore dell’umano, l’unico capitale che sia vera ricchezza”. Lo scrivono i vescovi italiani nel messaggio in occasione del prossimo primo maggio, festa dei lavoratori, che porta il titolo “La vera ricchezza sono le persone”.Il nostro primo pensiero va, in par- ticolare – si legge nel messaggio – a chi ha perso la vita nel compimento di una professione che costituiva il suo im- pegno quotidiano”, e anche “alle famiglie che non hanno visto far ritorno a casa chi, con il proprio lavoro, le sosteneva amore- volmente”. Così come non possono essere dimenticati “tutti coloro che sono rimasti all’improvviso disoccupati e, schiacciati da un peso insopportabile, sono arrivati al punto di togliersi la vita”.Con “la nostra preghiera, la fiducia nel Signore amante della vita e la nostra solidarietà” i vescovi intendono dare il segno “di una comunità che sa ‘piangere con chi piange’ e di una società che sa prendersi cura di chi, all’improvviso, è stato privato di affetti e di sicurezza economica”. Nella parte del messaggio in cui vengono evidenziate “le contraddizioni del momento presente”, premesso che “un Paese che cerca di risalire positivamente la china della crisi non può fondare la propria crescita economica sul quotidiano sacrificio di vite umane”, i vescovi ricordano lo “scenario drammatico” dei 1.221 morti sul lavoro (dati Inail) nel 2021, cui si aggiungono quelli “ignoti”. avvenuti nelle pieghe del lavoro in nero. E ricordano pure i lavoratori che hanno subito infortuni “di diverse gravità” che esigono un’attenzione adeguata, così come le malattie professionali “domandano tutela della salute e sicurezza”…

Di ALVARO BUCCI

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