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L’Italia che non si diverte

Nel marasma che lo avvolge ogni giorno di più, il Presidente del Consiglio risponde che si diverte. Provocazione? Arroganza? Battuta da contestualizzare? Siamo in uno Stato laico che distingue, giustamente, la vita privata da quella pubblica, il peccato dal reato, i vizi privati dalle pubbliche virtù. Ma qui ci troviamo di fronte a vizi privati esibiti con spavalderia e a pubbliche virtù che le forze politiche stentano sempre di più a riconoscere. Intanto, l’estero ci ride dietro, l’immagine italiana ne soffre e il Paese esige che si faccia subito chiarezza. Voci autorevoli della Chiesa, dopo silenzi e imbarazzi, prendono il coraggio di censurare stili di vita non consoni ad un uomo politico al quale, tra l’altro, sono andati non pochi consensi dell’elettorato cattolico. La Chiesa non entra nell’agone politico o nel merito delle coalizioni e non accende il semaforo rosso o verde per nessun leader politico. La Chiesa sa che non è suo compito formulare soluzioni concrete – né tanto meno uniche – per questioni che sono lasciate al libero e responsabile giudizio di ciascuno. La Chiesa in questo momento ci ricorda la differenza cristiana: cioè il primato dell’etica sulla politica e sul dominio della tecnica, il primato del bene comune sull’apologia del desiderio, il primato della responsabilità e del rispetto della vita sull’ideologia libertaria e libertina. È moralismo, questo? Moralismo vecchio e superato? O non è piuttosto dare voce al bisogno di cambiamenti urgenti nel costume politico, per ricreare il senso autentico dello Stato democratico e per tornare a sperare in un futuro collettivo? Non tutta l’Italia si diverte in questo momento. Non si divertono, ad esempio, i disoccupati o gli operai con le loro incertezze. Non si divertono quegli educatori che, dopo aver tessuto sapientemente con i ragazzi la tela dell’impegno, del merito e del sacrificio, se la vedono disfare rapidamente dalla ostentazione di messaggi contrari: ad esempio, che per fare carriera basti saperci fare con il proprio corpo e avere le conoscenze giuste. Non si divertono nemmeno quanti – celebrando domenica prossima la giornata per la vita – sono stanchi di sentire la difesa politica dei valori cattolici della famiglia, del matrimonio, della vita e della morale sessuale, poi sistematicamente smentita dai comportamenti personali e pubblici di quanti a parole se ne fanno paladini. I cattolici sanno di non avere il diritto di dettare un’etica pubblica per tutti i cittadini, né pretendono che la legge evangelica sia tradotta in legge vincolante per tutti. Sanno però che bisogna dire dei no di fronte alle degenerazioni del potere e alla inconcludenza della politica. I cattolici non sono per forza migliori degli altri, ma sanno di avere nella loro storia grandi statisti – da De Gasperi a Moro, da Fanfani a Scalfaro – che non hanno mai scisso il contegno dal ruolo e che nel servire il paese hanno sempre vissuto con misura e sobrietà. Non pretendono che i politici di oggi imitino Giorgio La Pira – il sindaco santo di Firenze – ma che almeno dimostrino la dignità di un Giovanni Leone.

© Gazzetta di Foligno – ANTONIO NIZZI

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