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“Ma per noi non è mai domenica?”

La riflessione di un operaio che vorrebbe osservare il precetto del riposo festivo!

Ci sono domande rivolte con tale semplicità, immediatezza e innocenza che tolgono la parola, e alle quali è quasi inopportuno rispondere. Soprattutto se sono precedute da un ascolto serio e costante della predicazione e seguite da una litania di motivazioni, è quanto mai necessario incassare, tacere e cominciare a riflettere. Da mesi, dalla bocca di Papa Francesco fino alle labbra del più giovane parroco, ascoltiamo una frequente esortazione alla riscoperta della domenica ed un tenace richiamo all’abuso commerciale dei giorni festivi. Più volte si sono prese le parti dei commessi e dei dipendenti costretti a lavorare in attività che fino a pochi anni fa rispettavano solennemente il riposo domenicale, e non solo. Ora si è raggiunto un livello di sovra-stimolazione al consumo che si manifesta in due effetti: l’assuefazione (tanto ormai è così ovunque!), oppure l’alienazione (non so più neanche che giorno è!). La Chiesa di fronte a questa situazione non sta tacendo e sicuramente non è inerme cercando di condannare gli eccessi e proponendo nuove soluzioni pastorali. Alcune categorie, però, si sentono escluse da questa materna premura e domandano: “ma per noi non è mai domenica?”. Alcune settimane fa, in un pomeriggio di un’uggiosa domenica di agosto un dipendente di una agenzia funebre, tornando da un servizio delle esequie, mi confidava di essere stato al mattino alla Messa e di aver sentito il parroco rammaricarsi per l’assenza dei fedeli, esortare i presenti a vivere la domenica in famiglia, sfilacciata dal lavoro settimanale, e inveire contro i centri commerciali che anche nelle domeniche estive non lasciano tempo ai loro dipendenti. Mi confidava anche che non ero il primo don a cui rivolgeva la fatidica domanda, e che aveva ricevuto una consistente e nutrita serie di motivazioni teologiche che giustificavano, se non addirittura consigliavano, la celebrazione delle esequie nel “giorno del Signore”. Non negava la necessità di continuare questa prassi in casi particolari e di straordinaria drammaticità o urgenza, ma non vedeva perché nell’“ordinario” non si potesse tutelare la sua domenica e quella di tutti coloro che sono coinvolti nel rito delle esequie: custodi, operai, muratori, fiorai, impiegati, e datori di lavoro. Cercava di descrivermi come è brutto e fastidioso mozzare il pranzo della domenica, non poter mai programmare un fine settimana, o dover giustificarsi a casa con moglie e figli per qualche promessa che non si può più mantenere (ma il lavoro è lavoro!). Poi è andato sul pesante: le motivazioni di voi preti? Sono per voi preti! Mia moglie le capisce ma non le accetta, non avete famiglia, la sera non dovete rendere conto a nessuno! Le leggi le fate voi! Se le cambiate voi gli altri si adeguano! Anche noi vogliamo avere la domenica per fare quello che dite dall’altare, per stare con i cari, magari entrare in chiesa anche per qualche altro motivo e partecipare alle attività! Scendo dal furgone in silenzio e penso: “forse bisogna fare qualcosa perché per queste persone il riposo non sia solo quello… eterno!”.

© Gazzetta di Foligno – GIOVANNI ZAMPA

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