Lapide Esercito Cecoslovacco Candiotti 750

Da Foligno a Praga: è iniziata qui l’epopea dei militari cecoslovacchi nella Grande Guerra

Curiosando per internet mi sono imbattuto in un’interessante cartolina antica. “Foligno – Porta Firenze e il ponte sul fiume Topino” c’è scritto, e raffigura il Ponte della Liberazione come doveva essere giusto cent’anni fa. L’ho acquistata senza vedere il retro, che mi avrebbe riservato in seguito una gradita sorpresa con pochi, decisivi elementi: la lingua – il ceco, essendo destinata a Praga -, la data – 28.IV.19 -, la qualifica del mittente come Tenente Medico, Ospedale Militare Czecoslovacco in Foligno. Ho rivisto nella mia memoria l’immagine di una lapide consumata e scolorita, sovrastata dagli stemmi del Leone di Boemia e della Croce con il Giglio di Foligno, che aveva attirato la mia attenzione qualche tempo prima dalla facciata di Palazzo Candiotti. Cecoslovacchia - Lapide Esercito Cecoslovacco - CandiottiSono tornato a leggerla: “Nell’anno che decise le sorti della Guerra Mondiale – i figli della terra cekoslovacca – dall’oppressione austriaca – dispersi a combattere per causa straniera – qui si raccolsero nel corpo legionario – che sulle Alpi e sul Piave – sotto la guida invitta del generale Andrea Graziani – a fianco dell’esercito d’Italia – strenuamente pugnando – conquistò la libertà della Patria. Il Comune di Foligno – a ricordare l’evento che unì la storia di due popoli. XXIV Maggio MCMXXV”. Mi sono messo sulle tracce di Andrea Graziani: nato a Bardolino (VR) nel 1864, fu protagonista di una folgorante carriera nell’Esercito, che lo vide soldato in Eritrea, insegnante di logistica alla Scuola di Guerra, benemerito per i soccorsi prestati nei terremoti di Messina e Avezzano, colonnello dei Bersaglieri all’inizio della Grande Guerra, eroe in Valsugana e sul Pasubio. Dalle notizie raccolte emerge l’immagine di un uomo autoritario, dal sangue freddo, terrore dei disertori e degli sbandati che perseguiva personalmente nelle retrovie armato di moschetto e vestito da semplice fante. Dopo la rotta di Caporetto giunse a far fucilare un artigliere che lo aveva salutato senza togliersi il sigaro di bocca per “persuadere tutti i duecentomila sbandati che da quel momento vi era una forza superiore alla loro anarchia”. Intanto, nello stesso autunno del 1917 il Consiglio Nazionale dei Paesi Cechi (l’embrione del futuro Governo cecoslovacco in esilio a Parigi) aveva proposto al Governo italiano la costituzione di unità cobelligeranti, inquadrandovi numerosi prigionieri e disertori austro-ungarici di nazionalità cecoslovacca riuniti nei campi di concentramento italiani di Santa Maria Capua Vetere, Certosa di Padula e Fonte d’Amore di Sulmona. L’11 aprile 1918 il Governo italiano incaricò il generale Andrea Graziani di organizzare il “Corpo Volontario Cecoslovacco” in previsione di un rapido impiego in battaglia: l’Umbria fu scelta come zona di radunata e costituzione e a Foligno – a Palazzo Candiotti – venne stabilito il Comando della VI Divisione Cecoslovacca, con unità dislocate in tutta la regione. Il 21 aprile 1918 il Presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando e Milan Rastislav Štefánik (ufficiale boemo dell’esercito francese e tra i padri fondatori della Cecoslovacchia) firmarono la relativa convenzione, che costituì il primo riconoscimento internazionale del futuro Stato. La Gazzetta di Foligno del 5 maggio 1918 dà conto dell’arrivo in città “di circa duemila iugo-slavi di nazionalità boema” (sic!), definiti in seguito “gli czeco-slovacchi”. L’Ospedale Militare Cecoslovacco aveva sede nel Seminario Vescovile, l’annessa Chiesa di Sant’Agostino era stata sottratta al culto e adibita ad usi militari e la medesima sorte avevano subito almeno l’Oratorio della Madonna del Gonfalone – adibito ad alloggio dei soldati – e l’Oratorio del Buon Gesù. Le cronache narrano di una convivenza ottima anche se breve tra i militari stranieri e i folignati: fin dall’aprile 1918, infatti, i reparti cecoslovacchi erano impiegati al fronte, dove tentavano di indurre alla diserzione i connazionali in forze all’esercito austriaco; ricevettero la bandiera di combattimento a Roma il 24 maggio 1918 dalle mani di Štefánik e nel dicembre 1918, a guerra appena conclusa, giurarono fedeltà alla Repubblica Cecoslovacca ed iniziarono il rimpatrio. Sì: l’esercito cecoslovacco, quasi cento anni fa, nacque a Foligno, con una storia tanto incredibile quanto sconosciuta. “Generale, Lei in Cecoslovacchia è più popolare di me!”, confidò a Graziani il Presidente Tomáš Masaryk nell’aprile 1928, quando a Praga si celebrò il decennale della costituzione dell’esercito. Quanto a lui, fu collocato a riposo nel 1919 – d’ufficio, in seguito alle risultanze della commissione d’inchiesta su Caporetto – e si dedicò all’agricoltura. Tuttavia, nel 1923 Benito Mussolini affidò all’energico generale il comando della IV zona (dal Po al Brennero) della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Morì in circostanze misteriose: il suo corpo fu ritrovato il 27 febbraio 1931, rotolato giù da una scarpata ferroviaria nei pressi di Prato.

FABIO MASSIMO MATTONI

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