ok - Luca Barbarossa 17 marzo 2018

Luca Barbarossa in esclusiva alla Gazzetta

Luca benvenuto a Foligno. Da Roma “caput mundi” a “lu centru de lu munnu” per la seconda tappa del tuo nuovo tour teatrale “Roma è de tutti”.
Una quasi analogia che mi ha fatto sorridere. In effetti, appena sono arrivato, alcuni fan si sono avvicinati dicendomi “A Lu, ce famo una foto?”. Stavo giusto dicendo poco fa agli organizzatori (Athanor Eventi di Stefano Porri e Cristina Caldani, direttore di produzione Carlo Tomassini) che sembrava di essere sotto casa mia.
“Roma è de tutti”. A Sanremo “Passame er sale”, canzone d’amore accolta con grande entusiasmo dal pubblico. Hai sdoganato il romano, “non il romanesco”. Attualizzando il dialetto, come tu stesso hai precisato, non temi di perdere qualcosa del tuo bagaglio culturale e di vita?
Assolutamente no, anzi. Quelle che canto sono le mie storie vissute, così come sono accadute. Anche “Passame er sale”, che non canta un amore finito, struggente, sognato bensì un amore duraturo, quotidiano, è una storia vissuta. Da tutti noi, anche con le piccole cose come, appunto, passarsi “er sale”.
La “Gazzetta di Foligno” è un settimanale diocesano; posso farti una domanda che tocca la sfera religiosa?
Certamente. Anzi, ne sono contento.
L’album “Via delle storie infinite” contiene il tuo famosissimo brano “Dio non è” nel quale canti “Dio non è nelle banche, nelle guerre sante, dove tu non sei”. Esattamente dieci anni fa sembri anticipare alcuni dei temi più forti del pontificato di Papa Francesco.
Quando ho cantato “Luce” davanti al Santo Padre mi sono davvero emozionato. Vivo la religione in modo del tutto personale, non “istituzionale”. Vedendo alla tv gli occhi dei bambini negli scenari di guerra, nella povertà e nella sofferenza più dura, vedo i miei figli. Non sono situazioni accettabili. “Dio non è dove tu non sei” significa che ognuno di noi deve essere messo di fronte alle proprie responsabilità. Non si può invocare un intervento divino che risolva gli orrori e gli sbagli che commettiamo. Laddove la colpa è dell’uomo, l’uomo deve intervenire per riparare. Evitando che si ripeta. Papa Francesco è il papa dei poveri, degli emarginati. Un grande pontefice.
In una realtà a misura d’uomo come Foligno, dove ci si conosce quasi tutti, si percepisce in una parte delle nuove generazioni una dilagante assenza di valori, di comunicazione, la rassegnazione a un futuro senza speranza. Cosa vuoi dire ai giovani che leggeranno questa intervista?
Metto sempre l’uomo al centro di ogni canzone proprio perché, come dicevo prima, canto le mie storie e quindi un vissuto vero. Dobbiamo tornare alla dimensione umana, dove c’è sempre la possibilità di aiutare chi ha bisogno. Una mano va sempre tesa. Vivere comunicando, non con i social, ma nel quotidiano reale. Mi dispiace solo che di questi grandi temi non se ne possa parlare di più; il concerto mi aspetta e il pubblico va giustamente rispettato iniziando in orario.

GIANLUCA PARADISO

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